giovedì 6 maggio 2010

Lo scorpione e la rana. Marco Bombagi

Le cronache dal mondo in crisi economica ci descrivono una realtà surreale, sospesa tra dramma e farsa. La Grecia, travolta da un debito gigantesco, sta rischiando la bancarotta e necessita di aiuti da parte del Fmi e dell’Europa, che, tradotto, vuol dire Francia e Germania. Tre deputati tedeschi a suo tempo già lanciarono la proposta risolutrice: “vendetevi le isole, almeno quelle disabitate”. Magnanimi. La ferma risposta di Atene: “Non ci sembra un suggerimento appropriato”.
La situazione è grave ma non è seria, avrebbe detto Flaiano a proposito della questione greca, ma altrove è soprattutto grave. Nel Regno Unito, dove un’ampia fetta del Pil nazionale viene prodotta in un chilometro quadrato nella City di Londra, lo tsunami scatenato dal terremoto subprime ha trasformato, in tre anni, quella che sembrava un’isola felice (per loro) in un “esempio delle conseguenze del liberismo sfrenato”, come scrive l’Economist. Negli Usa, dopo gli oltre 700 miliardi di dollari del piano-Paulson, la disoccupazione dilaga mentre le banche, dopo aver usufruito degli aiuti, proseguono nella politica di stretta creditizia, ignorando i problemi di milioni di persone destinate a finire sulla strada.
Non è un caso che, tra i Paesi occidentali, proprio gli Stati Uniti e la Gran Bretagna siano i più colpiti, dato che entrambi, già da due decadi, dipendono dalle banche. Un anno fa il Telegraph infatti scriveva che "il Paese guarda il precipizio. Siamo a rischio della peggiore umiliazione, con Londra che diventa una Reykjavik sul Tamigi e l'Inghilterra che finisce sott'acqua. Grazie all'arroganza alla presuntuosa incompetenza seriale del governo e di un gruppo di banchieri, la possibilità di una bancarotta nazionale non è irrealistica". Dopo un anno pare che le cose non siano cambiate granchè. L'Independent rincara: "Uno dei principali investitori mondiali dà voce alle preoccupazioni del mercato. Jim Rogers, cofondatore della Quantum con George Soros, dichiara a Bloomberg: 'Vi consiglio urgentemente di vendere tutte le sterline che avete. È finita. Odio dirlo, ma non metterei più denaro nel Regno Unito'". E per concludere degnamente, il Guardian: "In privato qualcosa di molto somigliante alla disperazione sta cominciando a serpeggiare nel governo. Dopo aver visto lo scivolone delle banche, un Ministro del Gabinetto inglese non scherzava quando ha detto: 'Le banche sono fottute, noi siamo fottuti, il Paese è fottuto'". Quando si dice aplomb britannico...
Una scelta dunque tra realtà e finzione finanziaria a vantaggio della seconda. "Oggi la speculazione monetaria" sostiene Internazionale di cinque mesi fa che riportava un'inchiesta di Der Spiegel "è venti volte il volume degli scambi commerciali. [...] L'attività finanziaria è scollegata dalla realtà e ha la forza di distruggere la ricchezza di interi settori industriali, anzi, di interi Paesi". Su questa linea si pone la lucida analisi di Massimo Fini nel suo "Il denaro, sterco del demonio": "Al fenomeno della finanziarizzazione del denaro" scrive "si accompagna quello della sua progressiva smaterializzazione. Il denaro perde i residui contatti con la materia in cui si era via via incarnato".
Lo sforzo salvifico profuso dai governi, negli ultimi due anni, per rivitalizzare le banche che avevano causato la crisi rovinando milioni di persone, non è stato del tutto vano. Il sistema finanziario, in effetti, ha tirato un bel sospiro di sollievo e ora la giostra è ripartita di gran lena. Peccato però che per applicare il massaggio cardiaco agli istituti di credito tutti i governi occidentali abbiano dilapidato un oceano di denaro, soldi di quei cittadini vittime due volte del sistema: prima raggirati dalle alchimie dei cosiddetti maghi della finanza, poi ulteriormente spremuti dagli Stati corsi al capezzale degli apprendisti stregoni in difficoltà.
Cifre enormi, quelle stanziate dai governi occidentali, a esclusivo beneficio degli artefici del disastro. Denaro che causa oggi gravi problemi di indebitamento per gli Stati, mentre le banche d’investimento hanno ripreso a fare esattamente ciò che ha portato il mondo sull’orlo del baratro: il gioco d’azzardo. Per di più, sulla pelle di chi le aveva salvate. “Si torna a scommettere, si torna a far festa, si torna a guadagnare un sacco di soldi" proseguiva l’inchiesta di Der Spiegel, "e tutto grazie ai miliardi immessi nei mercati dalle banche centrali e dai governi per arginare le conseguenze della crisi”. "Quando va tutto bene - proseguiva l’articolo- lo Stato non deve intervenire e i guadagni vanno ai banchieri. Ma se qualcosa va storto, tocca al contribuente pagare il conto". È il capitalismo, bellezza.
Un atteggiamento deprecabile, ma soprattutto autolesionista, dato che, in caso di fallimento degli Stati e conseguente crisi strutturale del sistema liberal-capitalista, alchimisti dell’economia finanziaria e comuni cittadini, a bordo di uno stesso Titanic, affonderebbero insieme. E qui più di tante analisi tecniche ci viene in aiuto Esopo, nella sua antica saggezza, con la favola dello scorpione e la rana. Uno scorpione vuole attraversare un fiume, ma non sa nuotare. Chiede a una rana di traghettarlo. La rana non si fida, perchè teme di essere punta, ma lo scorpione la rassicura: “se ti pungessi annegherei anch'io”. La rana generosamente accetta, ma a metà percorso lo scorpione la colpisce con il suo aculeo velenoso. La rana, disperata e morente, gli chiede “Perché?”. Lo scorpione, prima di morire annegato a sua volta, risponde “È la mia natura”. Lo scorpione potrebbe essere un qualunque stratega di Wall Street o supermanager di banca con superbonus, indovinate un po’ chi è la rana? (movimentozero)

Nessun commento: