domenica 23 maggio 2010

Nel "capitalismo relazionale" dell'Italia contano solo peones e superburocrati. Raffaele Iannuzzi

Mi basta e mi avanza. Flores d’Arcais sul Fatto Quotidiano, organo dell’Idv e di Travaglio, fa l’apologia dell’“antipolitica democratica” e chiede che si faccia avanti. Se ci sei, antipolitica, batti un colpo. E liberaci dai farabutti ladri e dalla mediocrità fuori stagione e per ciò fin troppo stagionata del Pd. Penoso. Quando Flores vedeva come il fumo negli occhi Berlusconi, fino al punto di scrivere su Micromega, l’organo dei giacobini forcaioli italioti, dell’esistenza di “due Italie”, quella della gente onesta e quella dei manigoldi berlusconiani, l’antipolitica era sterco del demonio. Oggi, è la panacea di tutti i mali. Contro la Casta e avanti tutta. Verso dove? Chi lo sa? Nel frattempo, vieni avanti cretino. Il punto è che Flores è quello che è, ma, anche nel Pdl, ci vorrebbe un po’ più di raziocinio politico.

La politica oggi è culo e camicia con l’economia perché questo Paese non cresce e non ha un capitalismo decente. Forse non ha neanche un capitalismo vero e proprio. In queste operazioni di scambio, conta solo il capitale relazionale, quanta gente importante conosci e come puoi usarla e farti usare. Si capisce allora che il burocrate scafato e pronto a tutto, che solleva la cornetta e mette a posto le cose, sia un valore aggiunto decisivo. Le cose funzionano così. La “cricca” è fatta di questa gente. E non potrebbe che essere fatta da altri. Perché, con le Bassanini, il Funzionario è il Re Sole – lo Stato sono io! – e il Politico è il manutengolo di risulta. Questa è la verità. Con le Bassanini, lo stato è morto. L’antipolitica fa il gioco di questa supercasta di burocrati perché arpiona il moloch sfibrato della Casta e trascura la Balena Bianca di nuova fattura: i superburocrati. Leggere, prego, Bechis su Libero. Una bella tabellina con gli emolumenti di questi civil servant, come vengono pomposamente chiamati anche sulle rive del Mediterraneo. Basta leggere. Vogliamo allora ridurre gli stipendi dei parlamentari? Benissimo.

Vogliamo costringere i parlamentari, come scrive Giacalone, a fare una tabella di marcia con i tagli e la tempistica’ Meraviglioso. Sappiate che quest’operazione – di per sé ottima sul piano della comunicazione istituzionale con quel tanto di strategia della rassicurazione che le è connaturata – sarà come pettinare le bambole, come si dice a Roma. In Toscana si dice in un altro modo, più pittoresco, ma lo risparmio ai miei venticinque lettori (antipolitici per lo più, mi auguro…). Allora, qual è il nodo? Uno soltanto: la politica deve ritrovare la forza di un progetto storico. Con il tigre nel motore: idee, ideali, classe dirigente. La classe dirigente del Pdl è mediocre. Al pari di quella del Pd, che fa ridere i polli. La selezione della classe dirigente appartiene al medesimo mercato che i politologi chiamerebbero trade-off, scambio, mercimonio, diciamo pure: io ho questo ragazzo bravo, sì, dài mettimelo in lista, ma che passi, poi ci penso io per quella cosa che sai…

Funziona più o meno così, salvo i dettagli che variano da contesto a contesto. Entrano in Parlamento personaggi che non saprebbero allacciarsi le scarpe senza l’aiuto di un valido consulente e cosa dobbiamo aspettarci? Alla prima occasione, egli si sentirà gratificato di una certa attenzione quando si dovrà far passare, con l’aiuto del tal ministro, il tal funzionario di seconda fascia al rango di commissario dei lavori pubblici sul tal territorio. Una nullità che non saprebbe come mettere insieme il pranzo con la cena si ritrova a sminestrare in ambiti così grossi, dove girano i soldi e si fanno le operazioni, come si dice nel gergaccio dei mammasantissima delle cricche di varia estrazione, anche sinistrorsa, vedi la Puglia.

Ma, accanto al peone santificato, c’è il burocrate scafato e cinico. Questo vuole arrivare, l’ha messo in prima fila il personaggio grosso, deve fare, brigare, usare le carte come leve militari. Da solo vale come il politicante di nona fila, non saprebbe neanche trovare il posto per fare il commesso, i concorsi per dirigenti di primo livello non si fanno più, la Costituzione è abrogata, conta solo quando c’è Dossetti come santo e Berlusconi come diavolo, dunque adelante: faso tuto mi. Altro che il Berlusca! Nomi così li ritroviamo in quella lista di Bechis. Gente intercettata e ben pasciuta alla greppia dello stato, senza talenti ma con molto talento familiare o relazionale. Questa è l’Italia dei cachi, per dirla con Elio e le Storie Tese. E voi pensate che, con questo pesante aquilone, si voli? (l'Occidentale)

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