lunedì 13 gennaio 2014

Tasse in casa. Davide Giacalone

 
Ci sono due cose che ci rendono molto forti, anche nel confronto fra i più forti nel mondo: a. l’essere rimasti una potenza industriale, capace di esportare; b. avere famiglie con un patrimonio solido e poco indebitate. Mentre la prima cosa trova fuori d’Italia concorrenti determinati a indebolirci, per danneggiare la seconda provvediamo da soli. Possedere casa, o case, è diventata una colpa. Se guardate la televisione inglese vedete scorrere tanta pubblicità ai mutui per comprare casa. Se guardate quella italiana sembra che lo sport nazionale consista nel tassarvi per averlo fatto. Tralasciando l’indecente caos cui assistiamo da mesi, con i conti fatti a cappero e le tasse che aumentano per diminuirle (un caso umano), la domanda è: ha senso tassare le case? La risposta è sì, ma a condizione che questo crei e non distrugga ricchezza. Altrimenti è mera sudditanza al dilapidante dispotismo fiscale.

Si può tassare la casa per quel che quella comporta di costi collettivi. E’ vero che casa tua l’hai pagata tu, ma è anche vero che non potrebbe funzionare se non ci fossero servizi di urbanizzazione, fognari, viari, come anche di ritiro della nettezza urbana. Quindi chi ha una casa è giusto che paghi ed è ragionevole che lo faccia sulla base dei metri quadrati, della collocazione e delle caratteristiche (condominio, villa, etc.). Anche per la casa di residenza. Solo che se mi tassi per questa ragione non puoi poi chiedermi di pagare per le stesse cose: servizi comunali indivisibili, spazzatura, etc.. Altrimenti si applicano prima una patrimoniale e poi delle finte tasse che sono, in realtà, altre patrimoniali sul medesimo patrimonio. E questo comporta la sostanziale illegalità di quel che è solo apparentemente, o solo formalmente legale, vale a dire il satanismo fiscale.

Una casa, la seconda o l’ennesima, può essere tassata anche come valore patrimoniale in sé. Non la prima, perché il risiedere a casa propria è anche un valore collettivo, posto che i senza casa sono un problema collettivo. Qui, però, le cose si fanno più delicate. Prima di tutto perché i soldi con cui si compra casa, che siano stati guadagnati o ereditati, in ogni caso sono già stati tassati. Il patrimonio non lo creo comprando casa, perché investo soldi che sono già parte del mio patrimonio, già fiscalizzato. Se, invece, compro casa accendendo un debito allora la casa entra solo formalmente nel mio patrimonio, giacché sostanzialmente è mia solo a patto che si estingua il mutuo. Sicché è decisamente meno logico che me la si tassi come patrimonio.

Ci sta, però, anche questo tipo di tassazione, ma non, appunto, riferito al patrimonio in sé, bensì all’incremento del suo valore, a fronte del quale (benché teorico) lo Stato ne preleva una parte. In tal caso, però, sono obbligatorie due conseguenze: a. quando la venderò non dovrò pagare tasse aggiuntive, perché sulla valorizzazione ho già pagato e, per il resto, ritrasformo in liquido quel che trasformai in immobile; b. quando l’immobile il valore lo perde, anziché guadagnarlo, se proprio non mi si vogliono dare i soldi indietro, di sicuro non devo versarne altri. La patrimoniale fissa, su un valore presunto, dovuta in qualsiasi condizione di mercato, è un furto.

Chi stabilisce il valore di una casa? L’unico soggetto affidabile è il mercato, tutti gli altri appartengono al novero del socialismo demenziale. Gli estimi catastali non possono essere frutto di pianificazione burocratica, ma legati all’andamento del mercato. Se così stessero le cose, sempre facendo tara del casotto cui abbiamo assistito, si potrebbe e dovrebbe pagare per i servizi connaturati all’abitare e per gli incrementi di valore. Non si dovrebbe, invece, moltiplicare i tributi o tartassare il patrimonio. La legge aurea la si deve non a un grande fiscalista, o economista (il cielo ci guardi), ma a un filosofo: “è la somma che fa il totale” (Totò, op. cit.). Se la somma, come oggi capita, porta a intaccare il patrimonio, vendendolo o accendendo debiti, per reggere l’onere fiscale, il suo esito sarà la distruzione di ricchezza. Vale a dire la demolizione del nostro secondo punto di forza. Non so se questo ragionamento sia di destra o di sinistra, so che la redistribuzione della miseria e l’incenerimento della ricchezza è da stolti.

Pubblicato da Libero

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