venerdì 15 ottobre 2010

L'ossessione del nemico. Beppe Severgnini

Santoro Michele dice le parolacce: nota e sospensione. Il direttore generale della Rai come un supplente in una scuola media di periferia. Periferia cui ci avviciniamo pericolosamente. Le cose che accadono in Italia, infatti, non succedono nell'Europa che conta.
Che la punizione inflitta ad Annozero sia sbagliata, è ovvio. Che il suo narcisistico conduttore conosca i vantaggi del martirio, è evidente. Che tutto ciò c'impedisca di vedere come la rissa abbia sostituito la discussione, è preoccupante.
Abbiamo finito per considerare fisiologico ciò che è patologico: il giornalismo come forma di lotta politica. È questo il mostro che s'aggira per i nostri schermi e sulle nostre pagine, e prende molte forme: il disprezzo per le opinioni altrui, la paura del diverso, l'aggressività come prova di virilità professionale.
Il neogiornalismo usa toni più adatti alla curva balcanica di Marassi che al dibattito in un Paese civile. Come se non bastasse, se ne vanta. Chiama pavidità il rispetto, coraggio l'arroganza, franchezza l'insolenza, coerenza lo schieramento preventivo. La scelta di non avere amici e nemici a scatola chiusa - la base del mestiere, il motivo per cui molti l'hanno scelto - per i neogiornalisti non è onestà intellettuale: è ipocrisia.
Nel meccanismo democratico i media sono un contrappeso necessario. Basta ricordare come il potere - dovunque - non ami essere controllato, giudicato, criticato. Nelle democrazie, deve accettarlo; nelle autocrazie e nelle dittature, riesce a impedirlo.
Perché molti media hanno rinunciato a essere un contropotere? Per due motivi. Il primo: hanno capito che una parte del pubblico vuole sentire (leggere, vedere) chi gli dà ragione. Non accade solo in Italia: la partigiana Fox News, non la classica Cnn, fa ascolti e soldi negli Stati Uniti. Ma noi siamo avanti. C'è chi non vuole dubbi: pretende conferme e rassicurazione. La tradizione antagonistica ha fatto il resto: dateci un avversario, e siamo felici.
Il secondo motivo: la politica italiana ha molto da offrire alla professione giornalistica, più di quanto la politica tedesca, francese o britannica possa offrire ai colleghi di quei Paesi. Anche a Berlino, a Parigi e a Londra il governo spera di ottenere una copertura favorevole dai giornali; e scruta quanto viene detto in tv in prima serata. Ma non può distribuire dozzine di direzioni.
È inutile nasconderselo. Il controllo dei partiti sulla televisione pubblica s'è esteso a quella privata; la pressione sugli editori riesce a condizionare i giornali e gli altri media. La politica italiana - non da oggi - tenta di lusingarci, spaventarci, sfruttarci, comprarci. Di fronte, spesso, non trova orgoglio professionale, ma vanità, astuzia e parzialità. Talvolta, purtroppo, il cartellino del prezzo.
La novità, qual è? Il neogiornalismo sta acquistando forza, la politica ne sta perdendo. Il sequestrato sequestrerà i sequestratori: non manca molto. I media militanti non avranno più bisogno di sostenere la politica: la sostituiranno. Non offriranno favori, ne pretenderanno. Non seguiranno un'agenda, la detteranno. Già oggi ascoltano poco le segreterie dei partiti: le invitano in tv. Non registrano le urla della politica: urlano di più.
Il risultato sta intorno a noi, lo respiriamo ogni giorno. Parole tossiche che chiamiamo discussioni. (Corriere della Sera)

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