giovedì 4 novembre 2010

I veri nemici dei gay? I loro difensori d’ufficio. Vittorio Sgarbi

Ora è troppo. Siamo arrivati all’inverosimile. È vero che Berlusconi, con una ironia così sottile che non è percepita neppure da quelli che intendono difenderlo, si espone. Ma, preso atto della ormai celebra dichiarazione: «È meglio essere appassionati di belle ragazze che essere gay», vediamo le reazioni. Parla Nichi Vendola: «Se un tuo figlio (si rivolge a Berlusconi, in termini confidenziali), un tuo amico, un tuo ministro fosse gay, pensa a quanta gratuita sofferenza gli staresti infliggendo». Difficile leggere, oltre il moralismo, una affermazione più ridicola: nessun gay «soffre» per le battute di Berlusconi. Anzi. Spiritosamente, Platinette risponde: «Meglio Rodrigo Diaz di Terra ribelle di Ruby: di sicuro non gliela rubo». Ma Vendola non si ferma. Continua, rivolgendosi al «Sultano d’Occidente»: «Ora che il tuo regno smotta paurosamente nel fango e nell’immondizia sarebbe bello da parte tua un’uscita di scena all’insegna del decoro». Notevoli i riferimenti al fango (visto il clima) e all’immondizia (vista Napoli); ma la frase con cui Berlusconi manifesta le sue predilezioni non mi sembra dannosa per nessuno (se non per lui, come si vede), né omofoba.

Viviamo in tempi di pari opportunità raggiunte, anzi oltrepassate. Non c’è discriminazione. Nessuno discrimina, se non sfiorando il ridicolo come fecero la Moratti e De Corato ai tempi della mia mostra «Vade Retro. Arte e omosessualità», gli innumerevoli omosessuali che dominano e hanno dominato l’arte il cinema, il teatro, la moda, da molti anni. Qualcuno ha discriminato Bacon, Testori, Pasolini, Visconti, Nureyev, Leo Gullotta, Ronconi, Pierluigi Pizzi, Valentino, Armani, Balestra, Dolce e Gabbana, Alessandro Cecchi Paone? Mi sembrano una maggioranza consolidata. E, d’altra parte, equanimemente, Berlusconi è amico di Emilio Fede e di Lele Mora. Fabrizio Corona, per par condicio, è bisessuale: «discriminato»?. Da Woodcock, forse. Platinette domina televisioni e radio, Alfonso Signorini dirige Chi e Sorrisi e Canzoni. E Vladimir Luxuria ha vinto L’isola dei Famosi. Aldo Busi ha spadroneggiato nelle trasmissioni della De Filippi. Ma quale discriminazione! Quale «gratuita sofferenza»!

Un ministro del governo Berlusconi, Mara Carfagna, che ora si dissocia dal suo benefattore, ha ottenuto il plauso di Paola Concia e ha promosso una campagna di comunicazione istituzionale della Presidenza del Consiglio contro l’omofobia (non contro le battute), e ha stabilito che il tema dell’omosessualità fosse affrontato per la prima volta nelle scuole. Ah le scuole! Fui io, presidente della commissione cultura e istruzione della Camera dei deputati, nel 1995, a respingere una proposta di due colleghe, Rosy Bindi e Rosa Russo Jervolino, che volevano introdurre come materia obbligatoria nelle scuole l’educazione sessuale. Risposi loro: «Ottima idea. Dunque, care colleghe, andate, fate delle prove pratiche, e poi tornate!». Non sono tornate e, come sempre è stato, il sesso si impara seguendo gli istinti, in un senso o nell’altro, furtivamente, senza che nessuno pretenda di insegnartelo come, ancora una volta, sembra volere Nichi Vendola, confermando gli odiosi sospetti di un labile confine (sempre respinto, ma da lui ammesso) tra omosessualità e pedofilia.

Qualche tempo fa, Vendola ha parlato del «diritto dei bambini ad una loro sessualità, ad avere rapporti tra loro e con gli adulti». Nessuno si è scandalizzato. Busi ha confermato. Neppure Merlo si è indignato come fa invece, ossessivamente, quando parla Berlusconi: «Ormai ci imbratta tutti questo vecchio con la lingua di fuori. Ha usato il suo potere per commettere reati comuni, per delegittimare e raggirare la polizia, compra e ricatta minorenni, abusa dello Stato... Ma purtroppo ci spinge a parlare di sesso e ci costringe a difendere i gay». Come quello di Vendola, il linguaggio di Merlo è osceno, moralistico, offensivo; e cela una malcelata omofobia («ci costringe a difendere i gay»). Nessuno spirito, nessuna ironia, salvo riconoscere (finalmente!) che «i gay, grazie ai tempi e alla civiltà, non hanno bisogno di noi». Merlo ci va leggero: «Berlusconi incarna e riassume l’umanità sessualmente sfinita e deietta che compra e raccatta ossessioni e al minimo rilievo reagisce sempre alla stessa maniera, come i peggiori dei cani di Pavlov: “sempre meglio di voi che siete froci!”. Ma i froci, giustamente, non si scompongono davanti a uno di quei ricchi sdentati, tutta pancia e calvizia», e Merlo non si rende conto di insultare la vecchiaia, condizione inevitabile che non si teme di discriminare, come si fa, nel corrente piagnisteo, con gli omosessuali.

Si potrà dire, indipendentemente dal sesso: «Meglio un/a giovane e bello/a di un/a vecchio e brutto/a? Nessuno si stupisce. Eppure proprio la vecchiaia, anche quella di Berlusconi, è discriminata, nel linguaggio inconsapevole dei «politicamente corretti», dominati da quella che Robert Hughes chiama «la cultura del piagnisteo». Quanti piagnistei di Vendola, Merlo, Vanda, e perfino delle berlusconiane Carfagna Polverini, Lorenzin, Boniver. Berlusconi ha detto il suo punto di vista, perfettamente coerente con la sua età e con la sua formazione. Ma è importante che si presti a stanare l’ipocrisia, l’intolleranza, il perbenismo, la patetica seriosità dei suoi nemici. La giusta interpretazione dell’uscita di ieri è quella indicata da me sul Giornale e da Libero: «La battuta del premier incorona Vendola». Una scelta di campo che sollecita l’avversario e mette davanti alle proprie responsabilità la Chiesa e l’elettorato cattolico, chiamati sottilmente alla coerenza. L’interpretazione prevedibile e coatta è invece quella di un Merlo sempre più sconcertato e suonato, travolto dai luoghi comuni, succube del pensiero subdolamente vittimistico di Veronica e delle altre ragazze che si sono accomodate prima, e ora si ribellano, a Berlusconi: «Spiace dirlo ma Berlusconi è ormai molto peggio dell’Italia che vorrebbe ancora rappresentare, e che chiama a solidarietà, a complicità. Battute come quelle sui gay di fatto non si sentono più neppure nelle più sordide barberie di Canicattì, nei luoghi di ritrovo animalescamente maschili, e forse neppure nelle galere, nelle navi e nelle caserme». Per dispetto a Berlusconi, Merlo è pronto a diventare gay, cavalcando la protesta delle vittime (tali vengono considerati i gay: di Berlusconi!), degli offesi, che soffrono e non ridono, neppure compatiscono (come potrebbero e dovrebbero): «meglio gay che Berlusconi». Che nostalgia delle sordide barberie di Canicattì! E che stupore che il siciliano Merlo non lo capisca! Vendola no. Vendola «cavalca» Berlusconi, e lo ringrazia (dentro di sé), mentre lo attacca. Per fortuna che Silvio c’è. (il Giornale)

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