martedì 2 novembre 2010

Tre problemi d'etica. Davide Giacalone

Il problema c’è, eccome. Non serve a nulla darsi arie da uomini di mondo, negandolo o irridendolo, perché al mondo bisogna saperci stare, e riconoscerlo. L’ennesima storia di sesso e politica passerà invano, esponendoci tutti al ludibrio globale, se non saremo capaci di coglierne gli aspetti d’interesse collettivo. Il problema esiste, anzi, sono tre: di etica privata, civile e politica.


Dell’etica privata non mi occupo. Ciascuno fa quello che gli pare, posto il libero e responsabile consenso degli interessati. Le questioni private ciascuno le risolve con sé stesso, con l’idea che ha di sé. Nella sfera privata rientrano anche i familiari, naturalmente, ma ci sono famiglie dove ci si detesta senza alcun bisogno di divagazioni sessuali. Chi s’impanca a giudice degli altri, solitamente, non ha risolto il rapporto con quelle che vive come proprie colpe. Non mi riguarda.

L’etica privata può anche essere discussa con il parroco, con ogni altro assistente spirituale, come con un professionista che t’ascolta a scrocco. Libere scelte, non sindacabili. Dal pulpito capita spesso che s’impartiscano lezioni e direttive morali. E’ legittimo. Ascolta chi crede. Come è legittimo che le pubbliche autorità vigilino sulle attenzioni riservate ai bambini, mentre i fedeli adulti si regolano in proprio. Senza offesa, ma la sessuofobia genera mostri.

L’etica civile, invece, ci riguarda tutti. Trovo che in Italia sia molto decaduta, quasi dissolta. Ne è rivelatore il fatto che ci s’interroghi sempre sull’esistenza del reato, e ove non sussista si ritiene accettabile tutto. Roba da matti, anzi, da immorali. L’accertamento di un reato non è mai un giudizio morale, semmai penale. Il reo può essere santo, così come immondo l’innocente. Sono ambiti diversi. Ma se si ritiene accettabile tutto ciò che non è incriminabile buona notte, vuol dire che siamo riprecipitati all’inquisizione del papa re, vigente la quale le prostitute romane esercivano prevalentemente in curia, dove incontravano i corrotti.

E’ un reato emettere flatulenze? No, ma ugualmente non è un’attività socializzante. E’ un reato prendere una sbornia? No, ma se capita all’amministratore delegato di una società, nel mentre deve negoziare e firmare un contratto, lo mandano via. Anche chi governa ha dei doveri, mica solo privilegi. Si può avvertire la gravità del ruolo, e conformarsi a questo, senza con ciò divenire eremiti penitenti.

L’etica civile può ben piegarsi alle convenienze: a me non importa un fico secco se il cardiochirurgo che sta per operarmi è un crapulone, mi preme che sia bravissimo e non mi dispiace affatto che sia, per questo, ricco. Se, però, ha bisbocciato fino a due ore prima d’entrare in sala, già la cosa mi disturba. Se ha messo l’amante a far l’anestesista, già fatico ad addormentarmi. Se lo vedo che, prima del bisturi, smanaccia le terga dell’infermiera (o la patta dell’assistente, per essere sessualmente corretti e non discriminatori), addento il filo della flebo e sgommo via sulla barella. Non vorrei che il mio fosse il prossimo cuore infranto.

E’ un esempio niente affatto paradossale, perché le università italiane sono colme di amici e parenti collocati dai professoroni. Le professioni si tramandano per linee di sangue. Il trucco sul rimborso spese è praticato ad ogni livello e chi si ostina a parcheggiare in modo regolare è considerato un fesso (anche perché non parcheggia). Ciò genera caduta etica di massa e delega immorale al magistrato penale. Certo, il buon esempio dovrebbe venire dall’alto. Ma la sua assenza non assolve nessuno di noi.

L’etica politica, infine, funziona se esistono le altre due: si sono viste società sane governate (per qualche tempo) da incapaci e lestofanti, ma scarseggiano gli esempi di governanti immacolati a capo di Paesi corrotti. In politica contano i risultati e si decide sulla base delle alternative esistenti. Tanto per venire alla cose di casa nostra: se una parte politica pensa di vincere arrestando gli avversari io mi schiero con chi la combatte, e non m’importa se il mio alleato ha commesso un abuso edilizio. Se da una parte ci sono quelli che vogliono l’energia nucleare e intascano una tangente, mentre dall’altra ci sono quelli che la vogliono cancellare, impoverendoci tutti, io mi schiero con i primi. Se da una parte c’è chi difende la malagiustizia e considera normale che il Ros dei carabinieri annoveri più imputati che appuntati, io sto con quelli che avversano tale follia corporativa e giustizialista, anche se so che fanno le riunioni al bordello. E così via.

Il guaio italiano è che non si muove più niente, siamo inchiodati, le riforme vivono solo negli articoli e nei saggi, la malagiustizia dilaga e le faccende postribolari sono il sollazzo di alcuni e la bandiera accusatoria di altri. Allora non scelgo fra la marocchina e il cognato, non concedo nulla al moralismo straccione dei cattolici con quattro famiglie, respingo con disgusto le inchieste con le calze a rete, chiedo il ricovero per un’opposizione che invoca l’intervento del papa, scappo via da chi non ha lo straccio di un’idea e spera di prendere il posto di chi oggi comanda, cancellandone il buono e perpetuandone il peggio, e notifico a tutti costoro che sono divenuti la schietta incarnazione del vaniloquio segaiolo. Così, tanto per restare in argomento.

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