Signore del Collegio
Le
cene si svolgevano in una grande sala da pranzo, un grande tavolo accoglieva
tutti gli ospiti insieme, io al centro della tavolata monopolizzavo la
conversazione parlando di tutto: di politica, di sport, di cinema, di
televisione, di gossip e mi divertivo confezionando battute e cantando, a
richiesta, le canzoni del mio repertorio giovanile e quelle scritte da me in
collaborazione con Mariano Apicella.
Apicella
si esibiva col suo fantastico repertorio di canzoni napoletane così come il
maestro Danilo Mariani che suonava e cantava quasi sempre accompagnato dalla
moglie, anch’essa cantante professionista.
Di
volta in volta intervenivano alle cene altri cantanti ed altri strumentisti.
Dopo
la cena alcune volte le mie ospiti organizzavano nel teatro della residenza
degli spettacoli con musica e costumi, spettacoli che non avevano alcunché di
volgare e scandaloso. E a proposito della dizione “Bunga Bunga” questa espressione
nasce da una vecchia battuta che ho ripetuto più volte prima dei fatti
contestati ed è stata riportata doviziosamente dalla stampa.
Altre
volte nella discoteca che era stata dei miei figli si ballava (io però non ho
mai partecipato ad alcun ballo) ed accadeva quello che si può vedere in
qualsiasi locale aperto al pubblico di ogni età.
Posso
quindi escludere con assoluta tranquillità che si siano mai svolte scene di
tipo sessuale imbarazzanti. Tutto tra l’altro avveniva alla presenza di
camerieri, musicisti, personale di sicurezza, ospiti di una sola serata e, a
volte, con l’intervento di miei figli, che venivano a salutarmi.
E’
quindi evidente che non avevo alcun interesse a chiedere alla Questura
comportamenti diversi da quelli previsti dalla legge. Di tanto che non ho
svolto mai alcuna pressione nei confronti del funzionario della Questura che ho
avuto al telefono, al quale come da lui stesso affermato, mi sono limitato a
dare e a chiedere una semplice informazione.
Voglio
innanzitutto ricordare, nei limiti del possibile, come ho conosciuto Karima El
Mahroug cioè Ruby.
Qualche mese prima dei fatti accaduti il 27
maggio Ruby era intervenuta ad una cena presso la mia residenza in Arcore.
Non
ricordo con chi venne questa prima volta, forse con Lele Mora. E’ da tener
presente che proprio perché durante queste serate amicali non avevo nulla da
nascondere, accadeva spesso che i miei ospiti si facessero accompagnare da
qualche amico o amica con un semplice preavviso telefonico alla mia segreteria.
In
quell’occasione Ruby attirò su di sè l’interesse e l’attenzione di tutti i
commensali raccontando la sua storia.
Ci
disse di essere di nazionalità egiziana, figlia di una famosa cantante
anch’essa egiziana appartenente ad una importante famiglia imparentata col Presidente
Moubarak.
Ci
fece vedere un video con questa cantante che effettivamente aveva qualche
somiglianza con lei.
Tali
circostanze Ruby le ribadì sempre anche nelle serate successive.
Ci
raccontò di essere stata buttata fuori casa dal padre che l’aveva anche
picchiata, ci fece vedere una vasta cicatrice sulla testa procuratale dal padre
con un getto di olio bollente, il tutto ci disse a causa della sua decisione di
convertirsi alla religione cattolica.
Ci
narrò di molte sue tristi peripezie e infine ci raccontò di essere arrivata a
Milano un mese prima e di essere stata ospitata da un’amica.
Una
sera questa amica, dopo un litigio, le fece trovare la porta chiusa con le sue
valigie fuori dalla porta.
Ci
raccontò di essere uscita sulla strada e di essere rimasta seduta a piangere
sulle sue valigie sotto la pioggia, per tre ore, essendo senza un soldo e non
sapendo che fare.
Finalmente
un taxi si fermò, il conducente ne discese e le chiese se avesse bisogno di
aiuto. Lei piangendo gli raccontò di non sapere dove andare a dormire e di
essere senza soldi. Lui si commosse e la portò a casa sua, comportandosi da
vero gentiluomo. Nei giorni seguenti le trovò un lavoro da cameriera nel
ristorante di un suo conoscente.
Lei
iniziò a lavorare in questo ristorante ma il proprietario non le dava pace, la
tormentava e voleva avere rapporti intimi con lei.
Questa
era la storia che lei ci rappresentò piangendo e facendo commuovere molti tra i
miei ospiti.
Le
offrii subito un aiuto economico per il suo sostentamento e per cercarsi una
casa in locazione e le assicurai di poter contare sul mio interessamento e sul
mio aiuto.
Fece
conoscenza con alcune delle mie ospiti ed in seguito intervenne con loro ad
altre cene a casa mia.
Durante
una di queste occasioni mi raccontò di avere l’opportunità di entrare come
socia in un “centro estetico” di una sua amica, in via della Spiga a Milano. Mi
mostrò un lungo elenco di laser e di altre apparecchiature che le avrebbero
consentito di diventare socia della sua amica al 50%.
Il
costo di quelle apparecchiature era di 57.000 euro. Mi chiese se potevo farle
un prestito assicurandomi che con gli utili della sua attività mi avrebbe reso
l’intera somma. Io la inviai dal mio amministratore che le consegnò quanto
richiesto. Lo feci convinto che questo fosse proprio il mezzo per consentirle
una vita decorosa senza dover subire accadimenti quali quelli da lei narrati.
Proprio
il contrario di quello di cui vengo paradossalmente accusato.
Desidero
anche ricordare che tutti avevamo l’assoluto convincimento che Ruby fosse
maggiorenne, sia perché lei aveva detto a tutti di avere 24 anni, sia per il
suo modo di esprimersi proprio di una ragazza matura, sia per il suo aspetto
fisico che non corrispondeva assolutamente a quello di una minorenne, sia
perché mai avrei pensato che una minorenne potesse intraprendere una attività
come quella che le avevo finanziato.
Inutile
dire che non ho avuto alcun tipo di rapporto intimo con lei e che, durante la
sua permanenza alle cene, non vi sono mai stati accadimenti di natura men che
lecita.
E’
anche per questo che qualsiasi ricostruzione tesa a ipotizzare che
successivamente avrei offerto del denaro a Ruby perché non raccontasse cosa
fosse accaduto durante quelle serate, è palesemente priva di fondamento.
Come
risulta dagli atti, Ruby infatti aveva già reso amplissime dichiarazioni di
totale e pura fantasia, alcune delle quali certamente a me non favorevoli,
quantomeno sotto l’aspetto mediatico. Debbo quindi ritenere che quando Ruby in
qualche conversazione telefonica aveva fatto riferimento a somme di denaro che
pensava di poter ottenere da me si trattasse di sue fantasie prive di qualsiasi
aggancio fattuale o verosimilmente di propositi che qualcuno potrebbe averle
suggerito per ottenere dei vantaggi economici e magari per trattenere per sé
una parte di questi vantaggi.
L’unico
timore che io avrei quindi potuto avere in questa vicenda non è già che Ruby
raccontasse il vero, ma che Ruby o chi per lei si inventasse cose non vere, che
sarebbero state certamente utilizzate contro di me.
Ripetendomi, posso confermare ancora una volta che mai ho avuto
rapporti intimi di qualsiasi tipo con Ruby, della cui minore età comunque non
ero assolutamente a conoscenza, essendo anzi convinto che avesse 24 anni, così
come da lei stessa dichiarato. E ancora, che mai ho avuto preoccupazione alcuna
che si potessero inventare e narrare da parte dei miei ospiti degli accadimenti
indecenti occorsi durante le serate che si svolgevano presso la mia abitazione.
Debbo
ricordare innanzitutto che quel giorno, il 27 maggio appunto, presiedetti a
Parigi una importante riunione dell’OCSE cui partecipavano oltre cinquanta
Stati.
Ero
partito quella stessa mattina da Roma con l’On. Valentino Valentini, con i miei
consiglieri diplomatici e con il personale addetto alla mia sicurezza.
Nel
corso della serata ricevetti alcune chiamate riguardanti la vicenda oggetto di questo processo. Il cellulare
a cui pervennero queste chiamate era in possesso del mio capo scorta o del mio
staff.
Dagli
atti del processo ho poi rilevato che il telefonino aveva ricevuto una chiamata
da tale Michelle Conceicao. Io non ricordo di aver mai parlato con questa
Conceicao.
Ricordo
invece la telefonata della Signora Miriam Loddo che mi comunicava che Ruby, le
aveva telefonato in lacrime per dirle che si trovava alla Questura di Milano
dove era stata accompagnata e trattenuta perché accusata di un furto e trovata
sprovvista di documenti.
A
questo punto è opportuno specificare la ragione per la quale quando l’on. Valentini,
avendo ascoltato la telefonata con la Loddo mi chiese se volevo che contattasse
la Questura di Milano. Risposi affermativamente poiché ritenevo, oltre alla mia
propensione ad aiutare una persona in difficoltà, che da quella circostanza
sarebbero potute derivare delle implicazioni diplomatiche negative.
Ma
la vicenda va contestualizzata nel periodo in cui effettivamente accadde.
Come
immagino ricorderete nella prima parte del 2010 era accaduto un grave incidente
internazionale fra la Confederazione Elvetica e la Libia, incidente che aveva
attirato l’attenzione di tutta la stampa occidentale.
Uno
dei figli di Gheddafi, Hannibal, a seguito di una denuncia per violenze, era
stato arrestato in Svizzera.
Il
leader libico, per ritorsione, aveva congelato tutte le attività svizzere in
Libia, aveva ritirato il visto a tutti i cittadini svizzeri e aveva trattenuto
per ritorsione sul proprio territorio dei cittadini elvetici cui venne impedito
di ripartire.
Ebbene
il giorno 27 marzo 2010 si tenne a Sirte il vertice della Lega Araba a cui fui
invitato come ospite d’onore.
In
quella circostanza, dopo una lunga trattativa con Gheddafi, conseguii un
rilevante successo ottenendo la revoca dei provvedimenti contro i cittadini
svizzeri in tema di visti.
Non
ero riuscito invece a risolvere il divieto di rientro in patria di due uomini
di affari svizzeri.
Mi
occupavo di queste situazioni perché la Confederazione Svizzera, al corrente
dei miei rapporti con la Libia, mi aveva chiesto se potevo intervenire sul
Colonnello Gheddafi al fine di ottenere la loro liberazione. Lo feci con
diversi interventi nei mesi successivi e, finalmente il 13 giugno del 2010,
sedici giorni dopo il 27 Maggio, riuscii
a risolvere il problema di cui mi ero interessato quasi quotidianamente.
Il
13 giugno 2010 infatti, si svolse a Tripoli un summit dell’Unione Africana a
cui parteciparono i vertici dell’Unione Europea e i leaders di alcuni Stati
europei.
Gheddafi
volle pranzare da solo con me in una sala riservata e durante il pranzo,
nonostante le mie insistenze, mi confermò che l’ultimo uomo d’affari svizzero
trattenuto in Libia Max Goldi sarebbe stato trattenuto ancora in Libia in
seguito alla sua condanna a quattro mesi di carcere.
Alla
fine del pranzo chiesi a Gheddafi quale sarebbe stato il menù per la cena. Mi
guardò stupito e io gli comunicai che sarei rimasto in Libia suo ospite fino a
quando non avesse rilasciato anche l’ultimo cittadino svizzero. Rise di questa
mia insistenza, sembrò non prendere sul serio la mia minaccia e mi ricordò ancora
che questo signore doveva attendere il risultato del ricorso presso l’Alta
Corte di appello. Io non mi detti per vinto e continuai a confermargli che
comunque sarei rimasto come suo ospite. Se ne andò scuotendo la testa ma
ridendo.
Qualche
ora più tardi mi fece comunicare dal suo segretario particolare che Max Goldi
era stato messo su un aereo per la Svizzera perché, testuale, “la Libia non
poteva permettersi il lusso di mantenere, oltre a lui, anche il Presidente
italiano”.
Per inciso, quella stessa sera,
portai a termine anche un'altra mediazione con Gheddafi, e ottenni il rilascio
di tre pescherecci di Mazara del Vallo sequestrati qualche giorno prima dalle
Autorità libiche nelle loro acque territoriali.
L’incidente
internazionale originato dall’arresto del figlio di Gheddafi mi aveva quindi
occupato a lungo e quando mi fu comunicato
che Ruby, per quanto a mia conoscenza, egiziana e parente di Moubarak si
trovava trattenuta in questura, mi venne spontaneo paragonare questa
circostanza proprio alla vicenda del figlio di Gheddafi e immaginai subito che tale situazione avrebbe
potuto creare un incidente diplomatico con
Moubarak essendo appunto io convinto che Ruby facesse parte della sua famiglia.
Infatti
nel corso del vertice Italo-Egiziano che si era tenuto otto giorni prima del 27
maggio cioè il 19 maggio 2010, a Villa Madama, durante il pranzo, terminata la
parte ufficiale dei negoziati avevo chiesto notizie di questa Ruby allo stesso
Presidente Moubarak raccontandogli di
come l’avevo conosciuta e della sua storia, convinto com’ero che fosse una sua
parente.
Alla
mia domanda se conoscesse la madre di Ruby la risposta fu affermativa e mi
disse che si trattava di una famosa cantante che effettivamente faceva parte
della sua cerchia famigliare ma che non era a conoscenza del fatto che avesse
una figlia messa fuori casa per problemi di religione.
L’argomento
“Ruby” occupò la conversazione, di fronte ai molti commensali, per diverso
tempo. Moubarak mi assicurò alla fine che si sarebbe informato e che mi avrebbe
fatto sapere. Rimasi quindi nel convincimento che Ruby potesse avere davvero un legame parentale con il Presidente
egiziano.
Per
questo, quando l’on. Valentini la sera di
otto giorno dopo a Parigi, mi chiese
se fosse il caso di assumere informazioni presso la Questura, gli risposi
affermativamente.
Come
ho già ricordato, mi venne spontaneo paragonare la circostanza del fatto che
Ruby fosse trattenuta in Questura proprio con la vicenda di cui mi stavo
occupando, del figlio di Gheddafi trattenendo in Questura daghi svizzeri. Immaginai subito che tale situazione avrebbe
potuto creare un incidente diplomatico con Moubarak che avrebbe potuto
dirmi: “Ma come, tu, Presidente del
Consiglio italiano, mi hai parlato di questa ragazza come di una mia parente e
permetti che questa mia parente sia oltraggiata in casa tua, nel tuo Paese?!”
Moubarak
non era certo Gheddafi ma era pur sempre un autocrate cui sarebbe stato
difficile comprendere che un Premier, che gli aveva egli stesso parlato di questa
persona descrivendola come sua parente, avesse potuto permettere uno sgarbo,
un’offesa così grande ad un caro amico e collega.
Tornando
alla notte del 27 maggio parlai con Nicole Minetti che già aveva saputo da
un’amica di quanto stava accadendo a Ruby e che quindi confermò quanto dettomi
poco prima dalla Loddo.
Poiché
mi era stato riferito che si trattava anche di un problema di identificazione,
essendo la ragazza sprovvista di documenti, ritenni utile chiedere alla Minetti
che aveva conosciuto bene Ruby da me, di recarsi in Questura per agevolare tale
identificazione.
La
decisione quindi di contattare la questura, come ho già ricordato, fu suggerita
dall’on. Valentini prima e poi dal capo scorta Ettore Estorelli, il quale ci disse che avrebbe potuto assumere
informazioni tramite un funzionario con cui si rapportava per i nostri
spostamenti.
Io
non sapevo neppure chi fosse questo funzionario né che ruolo ricoprisse nella Questura di Milano, ma ero
interessato a sapere se
effettivamente vi fosse un problema per l’identificazione della ragazza.
Il
mio capo scorta chiamò questo funzionario, il dottor Ostuni, mi passò il
telefono e la mia conversazione con lui fu estremamente breve.
Mi
limitai a chiedergli se poteva confermare
o meno che vi fossero problemi per l’identificazione di una giovane di nome
Ruby di cittadinanza egiziana, e gli
dissi che mi risultava che questa giovane potesse
avere rapporti di parentela con il presidente Moubarak.
Gli
riferii che per agevolare le operazioni di identificazione avevo chiesto al
consigliere regionale Nicole Minetti che, ripeto, aveva personalmente
conosciuto presso la mia residenza la stessa Ruby, di recarsi presso la
Questura.
Mi
sembrò una scelta logica, opportuna e doverosa
proprio per evitare, ripeto, un potenziale
incidente diplomatico.
Non
dissi altro e non chiesi in alcun
modo al dr. Ostuni di intervenire sulle procedure, né avrei potuto farlo perché non ero a conoscenza di cosa realmente
stesse accadendo in Questura
Dopo
queste telefonate decollammo da Parigi e quando atterrammo a Roma, senza che vi
fossero stati altri ulteriori contatti telefonici, Estorelli chiamò Ostuni che
gli disse che era in corso l’identificazione della ragazza ma che la situazione
era in via di risoluzione. A questo punto io non feci null’altro. Qualche tempo
dopo Nicole Minetti, mi chiamò per mettermi al corrente della situazione in
Questura. Mi raccontò che Ruby era stata
identificata e che era risultata non essere egiziana bensì di nazionalità
marocchina e per di più minorenne. La notizia mi lasciò di stucco e mi resi
finalmente conto che Ruby aveva mentito e si era costruita una seconda diversa
identità in sostituzione della sua condizione reale.
Di
conseguenza ritenni di non dovermi più interessare di lei, ma quanto al
possibile incidente diplomatico, tirai un bel sospiro di sollievo.
Per
concludere l’episodio: la mia telefonata in Questura fu solo di natura
conoscitiva tesa unicamente a dare e ad ottenere una informazione e la prova ne è che non ritenni di dover
chiamare i responsabili istituzionali e cioè né il Questore né il Prefetto,
come sarebbe stato evidentemente agevole e naturale per il Presidente del
Consiglio.
Così
come non avevo ritenuto di chiamare il nostro Ministro degli Esteri o
l’Ambasciatore Egiziano prima di aver accertato quale fosse la situazione. E’
ovvio che allertare i canali diplomatici senza una previa verifica avrebbe
potuto creare di per sé un inutile incidente.
Debbo
altresì ricordare che io non avevo affatto chiesto che la ragazza venisse
affidata alla Minetti, essendomi limitato a chiedere alla stessa Minetti di
recarsi in Questura unicamente per
agevolare l’identificazione della ragazza.
Il
suo affido ad una comunità-famiglia mi era del tutto indifferente e, quando una
settimana dopo Ruby fu fermata nuovamente dalla polizia e affidata ad una
comunità-famiglia di Genova, non ritenni in alcun modo di intervenire al
riguardo.
Successivamente
a tali fatti io non mi sono più occupato delle vicende della ragazza. Ho saputo
però che il mio amministratore rag. Spinelli le consegnò successivamente, a
seguito di continue e reiterate insistenze, una somma di qualche migliaio di
euro.
Voglio
infine ribadire che i miei rapporti con le ospiti alle mie cene erano basati
sulla simpatia, sul cameratismo, sull’amicizia e sul rispetto e che non c’è mai stata alcuna
dazione di denaro per ottenere rapporti intimi. Devo anche affermare con forza
che nessuna delle mie ospiti poteva essere classificata, per quanto a mia
conoscenza, come “escort” come invece poi è accaduto sui media nazionali ed internazionali.
Questo
procedimento penale ha causato davvero dei danni assoluti all’immagine e alla
vita di queste ragazze che oggi hanno difficoltà a trovarsi un fidanzato, un
lavoro, una casa in affitto.
E
questa è la parte più dolorosa di questo processo che si è trasformato in una
mostruosa operazione di diffamazione internazionale per me e per le mie ospiti.
In
realtà sempre (e fortunatamente) la mia capacità economica mi ha consentito di
aiutare che si trova in difficoltà. Da quando è iniziata questa operazione
diffamatoria ho ritenuto di dover aiutare anche molte di queste ragazze, poiché
, lo ripeto, hanno avuto la vita e la carriera lavorativa rovinata dall’impatto
mediatico di questa indagine.
Per
concludere: avrei qui preferito rendere interrogatorio anziché dichiarazioni
spontanee.
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