mercoledì 18 settembre 2013

Il paradosso di una sinistra che si svela. Valter Vecellio


L'Opinione - Come finirà la campagna per i 12 referendum radicali non ci si azzarda a dirlo e prevederlo. La raccolta delle firme è ancora in corso, ed è cominciata la complessa procedura di “controllo” e “pulitura” dei moduli e delle firme stesse: che vanno accompagnate dai certificati elettorali, occorre controllare che i timbri richiesti dalla legge ci sian tutti e siano regolari, e via così.

Ma si raggiungano o meno le 500mila firme autenticate per tutti o per alcuni dei referendum promossi, qualche considerazione (e qualche riflessione) già ora può essere fatta. Per tanti motivi (e ci sarà tempo e modo per analizzarli), si può dire che nei primi due mesi circa la campagna referendaria sia andata avanti in modo “sonnecchiante”, pochi tavoli, pochissime firme; tutto autorizzava pessimismo circa la possibilità di raggiungere quota 500mila firme autenticate. Poi, grazie all’incessante pressing esercitato da Marco Pannella su Silvio Berlusconi, è scattato quel “qualcosa” che ha rivitalizzato la campagna.

Il 31 agosto, un sabato mattina, Berlusconi accompagnato da Pannella e da altri esponenti e militanti radicali e del PdL, firma al gazebo di Largo Argentina a Roma tutti e dodici i referendum, e dichiara: ''Firmo non solo i sei referendum sulla giustizia, che sono sacrosanti, ma firmo anche gli altri su cui non sono d'accordo, ma con questa firma voglio affermare il diritto degli italiani ad esprimersi direttamente con un voto su questioni che li riguardano direttamente''.

Posizione schiettamente liberale; i sei referendum “sacrosanti” sono appunto quelli sulla giustizia. Su alcuni degli altri Berlusconi esprime chiaramente perplessità se non contrarietà: quello, per esempio, sulla Boss-Fini; o sulla Fini-Giovanardi o sull’8 per mille: referendum relativi a leggi varate da governi da lui presieduti. Quando si arriverà al voto, al SI e al NO, è da credere che Berlusconi voterà e inviterà a votare contro l’abrogazione di quelle leggi; ed è probabilmente favorevole al finanziamento pubblico ai partiti.

Come sia, si avvierà un dibattito, un confronto, le ragioni del SI e del NO potranno finalmente (forse!) essere conosciute, e l’elettore deciderà secondo l’opinione che si sarà formata. Per il momento, il dato incontrovertibile, è che Berlusconi ha dato un formidabile contributo alla campagna referendaria, e se un giorno ci potremo esprimere su queste questioni e dire se siamo favorevoli o contrari, dovremo ringraziare anche lui.

C’è poi il comportamento da cupio dissolvi, davvero incredibilmente incomprensibile (o se si vuole, comprensibilissimo, se si pensa chi sono i suoi leader) è quello della sinistra in generale, e del Partito Democratico in particolare. Lasciamo perdere il segretario pro-tempore Guglielmo Epifani, cui Marco Pannella forse fa troppo onore definendolo un emulo di Robespierre o di Saint-Just. Lasciamolo sguazzare nei suoi stanchi e patetici NO, NO, NO, da bimbetto che pesta i piedi e fa i capricci. Prendiamo il corpo del partito, o quello che ne rimane, dopo le varie “cure” Veltroni-D’Alema-Bersani-Franceschini-Bindi-Renzi-ecc. I referendum, i comportamenti lo dicono in modo eloquente, li vedono come il fumo negli occhi. Tutti, nessuno escluso.

La domanda, a questo punto, è molto semplice: c’è l’opportunità di abrogare quell’istituto incivile e barbaro che è l’ergastolo, il “fine pena mai”, che papa Francesco ha eliminato con un tratto di penna a Città del Vaticano. Perché per quel referendum non firmano e non raccolgono le firme? Non è il solo referendum che dovrebbe vedere mobilitata la sinistra, il mondo progressista, i democratici. Perché, per esempio, rinunciano ad abrogare le norme della Bossi-Fini che ostacolano il lavoro e il soggiorno regolare degli immigrati, dopo averne detto ovunque peste e corna? Perché rinunciano ad abrogare le norme che prevedono il carcere anche per fatti di lieve entità della legge anti-droga Fini-Giovanardi? Perché rinunciano a eliminare quelle norme che riempiono le carceri di consumatori? Perché rinunciano a eliminare i tre anni di separazione obbligatoria prima di ottenere il divorzio?

Si diminuirebbe il carico sociale e giudiziario che grava sui cittadini e sui tribunali in termini di costi e durata dei procedimenti. Non sono battaglie politiche di sinistra, progressiste, riformatrici? Ecco cosa mettono già in luce questi dodici referendum: battaglie progressiste, riformatrici, che dovrebbero essere orgoglio, vanto e bandiera della sinistra e di un PD non ridotto alla larva che è, sono fatte dal campione della destra; e la sinistra tace, tetragona nel suo paralizzante immobilismo, affondata in una morta gora da cui non sa, non vuole, non riesce ad uscire. Ma di che parlano e che cosa ci propongono, oltre a Berlusconi da abbattere, l’“uomo nero” che li cementa? Possibile che non sappiano nulla, non dicano nulla, non facciano nulla? La risposta lapidaria sono tre SI.

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