martedì 15 ottobre 2013

Antiberlusconismo, una grave patologia. Gianluca Perricone

 


Me ne rendo conto frequentando uno dei miei pochissimi amici del cuore. A lui voglio un bene pazzo, spessissimo mangiamo un boccone insieme e chiacchieriamo di tutto. Ma talvolta lui si lascia andare e dimostra di essere afflitto da quella patologia (è forse anche il caso che la medicina ufficiale se ne inizi ad occupare) per la quale si vede Berlusconi ovunque: un vero incubo che trasforma vite umane in vero supplizio.

Lui, sempre il mio amico del cuore, è un lettore del Fatto Quotidiano e questo, per certi versi, potrebbe giustificare l’esistenza della patologia: dalla sua, per fortuna, ha una testa e una mente che talvolta riescono ad essere critiche anche rispetto alla testata di Padellaro. Ma, sotto sotto, in qualsivoglia cosa accada in Italia, l’ombra del Cav. appare inesorabile nei discorsi del suddetto amico. Il quale costituisce, per mia e sua fortuna, la parte (ancora) pensante di uno schieramento intellettuale e politico che invece soffre, in modo praticamente irreversibile, della patologia di cui sopra.

Certi altri ceffi, invece, non riescono a celare la loro malattia neppure di fronte a certi drammi come quello della situazione delle carceri nazionali. Nelle quali “alloggiano” circa 17mila esseri umani oltre la capienza delle strutture a disposizione del sistema penitenziario nostrano: costruite per ospitare 47mila e 600 persone, attualmente ne ospitano quasi 65mila. Di fronte al sovraffollamento delle carceri non si può mettere la testa sotto la sabbia come gli struzzi; né “gli amici degli amici” possono permettersi (ipocritamente) di far finta di nulla di fronte ai numeri che inconfutabilmente ci dicono anche che sono circa 39mila i detenuti condannati in via definitiva.

Questo vuol dire - ci si permette di farlo presente agli afflitti dalla grave patologia in questione - che 25mila persone stanno rinchiuse oltre le sbarre in attesa che qualcuno faccia loro sapere se sono o meno colpevoli. La vergogna è che ci si ostini a rimettere in mezzo Berlusconi e non ammettere che quei 25mila sono lì dentro perché il “sistema giustizia” italiano non funziona come dovrebbe. Ce lo ha certificato, tramite diverse sanzioni, anche l’Europa ma gli “ammalati” si ostinano a collegare qualsiasi possibile modifica dello status quo alle vicende dell’ex Presidente del Consiglio.

Eppure sarebbe un gran gesto di onestà intellettuale dei “manettari travagliati” ammettere che esiste un abominevole abuso della carcerazione preventiva (spesso usata come strumento di indagine, leggasi estorsione di confessione), che certi togati sbagliano e che per questo è giusto che paghino, che i tempi dei processi sono troppo lunghi, e via dicendo: e tutto ciò a prescindere da Silvio Berlusconi. (l'Opinione)

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