giovedì 31 ottobre 2013

Berlusconiani diversi Berlusconiani spariti. Arturo Diaconale


L'Opinione - Il voto palese sul caso Berlusconi, come ha spiegato Matteo Renzi, serve ad evitare che nel segreto dell’urna i senatori del Movimento Cinque Stelle possano fornire un “aiutino” al Cavaliere facilmente spacciabile come frutto di franchi tiratori del Partito Democratico e, conseguentemente, provocare la spaccatura del Pd. Secondo il sindaco di Firenze, dunque, la tesi delle sentenze che si rispettano e della legge che si deve applicare , cioè la posizione ufficiale del Pd sulla vicenda Berlusconi, è solo una copertura.

La verità è che con il voto palese a Palazzo Madama il Pd salva se stesso dal pericolo mortale di una riedizione del voto che provocò l’affossamento della candidatura di Romano Prodi alla Presidenza della Repubblica. Basterebbe la spiegazione che il Pd ha scelto il voto palese per un interesse politico diretto e non per la nobile ragione del rispetto della legge a giustificare il rispetto del regolamento e l’adozione del voto segreto. Ma è proprio questa spiegazione che induce a ritenere che il Pd non rinuncerà mai alla spettacolarizzazione dell’esecuzione politica di Silvio Berlusconi. Non solo per poter esibire lo scalpo del proprio nemico storico, ma per salvare se stesso da una lacerazione che alla vigilia delle primarie potrebbe essere devastante.

La consapevolezza che la sorte politica di Berlusconi è segnata per l’intransigenza del Partito Democratico si ripercuote automaticamente all’interno del centrodestra e, in particolare, sui “diversamente berlusconiani”. Per questi ultimi diventa praticamente impossibile continuare ad essere berlusconiani in maniera diversa. Cioè a manifestare lealtà al leader e a sostenere una coalizione di governo in cui gli alleati (Pd e Scelta Civica) decapitano sulla pubblica piazza del Senato lo stesso leader a cui assicurano fedeltà e solidarietà. Messi alle strette, debbono scegliere tra essere berlusconiani o antiberlusconiani e rinunciare a quella diversità che consente ad Enrico Letta di ribadire come il governo si regga su una “maggioranza politica” diversa da quella originaria.

Che la forzatura del Pd e dello stesso Letta punti a provocare la cancellazione del “diversamente” e la scissione del Pdl-Forza Italia è fin troppo evidente. Ciò che non è evidente è la sorte a cui sarebbero destinati i governativi del centrodestra una volta diventati puntello del governo Letta egemonizzato dal Pd. Qualcuno di loro è convinto che nel breve periodo la scelta di evitare la crisi e le elezioni anticipate consentirebbe agli scissionisti di aumentare il numero dei propri sostenitori in Parlamento. Il che è vero visto che dopo un solo anno di legislatura nessuno frigge dalla voglia di una nuova avventura elettorale.

Qualche altro pensa che riuscendo a tenere in piedi il governo fino al 2015 si potrebbe cercare di riassorbire nel centrodestra il trauma dell’esecuzione politica di Berlusconi e procedere alla sua successione. Ma nessuno sembra porsi il problema che la nuova maggioranza politica, oltre ad essere esposta alla bufera della scontata elezione di Renzi alla segreteria del Pd, si reggerebbe su un pugno ristretto di voti. Come Prodi dopo il 2006. E difficilmente riuscirebbe a superare le difficoltà poste non solo da un Berlusconi ufficialmente martirizzato ma sempre più deciso a vendere cara la pelle forte del sostegno unanime dei propri elettori ma soprattutto da una crisi che appare addirittura aggravata dalla politica economica del governo.

Una prospettiva del genere dovrebbe far riflettere i governativi del Pdl-Forza Italia. Tra qualche mese i berlusconiani diversi potrebbe essere i berlusconiani scomparsi! (LsBlog)

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