mercoledì 4 maggio 2011

In Danimarca hanno capito che senza immigrazione si risparmia. Antonio Scafati

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Calcolatrice alla mano, il governo danese si è fatto due conti analizzando costi e benefici delle politiche sull’immigrazione dell’ultimo decennio. Scoprendo che il risparmio per le casse statali è stato di 5,1 miliardi di corone ogni anno. Dal 2001 il governo di centro-destra ha reso sempre più severe le leggi che regolano l’accesso degli stranieri, riducendo soprattutto il numero di immigrati provenienti da paesi non occidentali: il risultato è stato un risparmio complessivo di oltre sei miliardi di euro. I dati sono stati pubblicati in un rapporto che mostra come gli immigrati non occidentali costino alle casse statali 15,7 miliardi di corone all’anno; al contrario, quelli che provengono dai paesi occidentali contribuiscono alla ricchezza del paese con 2,2 miliardi.

Il ministro dell’Immigrazione Søren Pind, che già aveva promesso politiche sull’immigrazione più severe condannando il multiculturalismo, ha commentato che “ora è chiaro come abbia importanza chi entra nel paese”, aggiungendo che si impegnerà per “limitare ulteriormente l’accesso a coloro che potrebbero diventare un peso per la Danimarca. Sarò invece felice di accogliere chi contribuirà allo sviluppo della nostra economia”. Soddisfatti dei risparmi anche i socialdemocratici, che guidano l’opposizione e che hanno già detto che non cambieranno le attuali leggi sull’immigrazione se dovessero vincere le prossime elezioni, cercando invece di migliorare laddove i conservatori avrebbero fallito e cioè nell’integrazione.

Chi ha gongolato sfogliando il rapporto è stato il Partito Popolare Danese, che sostiene il governo e che è l’ispiratore delle leggi sull’immigrazione degli ultimi anni. I risultati del rapporto saranno la carta in più che il Partito Popolare Danese giocherà per chiedere un’ulteriore inasprimento di norme che in fatto di immigrazione e asilo sono già le più severe d’Europa. La Danimarca ha sempre tenuto sotto controllo l’immigrazione, regolando gli accessi. Leggi estremamente rigide hanno drasticamente ridotto l’afflusso negli ultimi anni. Una norma del 2008 vieta agli ostelli per i senzatetto finanziati dallo Stato di dare ospitalità agli stranieri che non hanno regolare permesso di soggiorno. E se si è trovati senza permesso scatta l’espulsione immediata.

Se un danese e uno straniero vogliono sposarsi, entrambi devono avere minimo 24 anni. Ma non finisce qui. Il diritto al ricongiungimento familiare e alla residenza per i cittadini extracomunitari è disciplinato da un sistema a punti piuttosto complesso che assegna un tot a fattori come l’età, le esperienze professionali, l’educazione, le competenze linguistiche. Se non si raggiunge un livello minimo, niente permesso di soggiorno. In più lo straniero che aspira al ricongiungimento familiare deve dimostrare la propria indipendenza finanziaria depositando in banca una sorta di caparra per eventuali spese pubbliche. Il risultato è che negli ultimi anni in Danimarca sono entrati più immigrati in cerca di lavoro rispetto a quelli per motivi umanitari o familiari.

Molte organizzazioni umanitarie denunciano violazioni dei diritti civili, ma il governo e soprattutto il Partito Popolare Danese vanno avanti per la propria strada. Gli uomini della euroscettica Pia Kjærsgaard vorrebbero addirittura un impegno del governo a rivedere l’accordo di Schengen, per tornare ai controlli alle frontiere. “Abbiamo problemi con i cittadini dell’est Europa che stanno venendo qui e corriamo il rischio di avere gli stessi problemi con quelli dal Nord Africa” dice la Kjærsgaard: “I controlli alle frontiere sono un diritto per i nostri cittadini”. Difficile che il governo si impegni su questo fronte. Più probabilmente accoglierà altre richieste. Il Partito Popolare Danese chiede ad esempio che le autorità locali incoraggino a tornare nel proprio paese tutti gli immigrati che non trovano lavoro.

Un ulteriore giro di vite ci sarà poi sulla prova di lingua danese, che sarà resa più severa a soli sei mesi dall’introduzione del nuovo sistema a punti. Il governo e il Partito Popolare Danese hanno presentato una proposta per rendere il test ancora più selettivo, innalzando i livelli minimi di sufficienza. La prova dovrà essere superata entro tre mesi dall’arrivo in Danimarca e studiare sarà responsabilità dell’immigrato: nessun obbligo di cumulare un certo numero di ore. L’Istituto danese per i diritti umani ha detto che a questo punto gli stranieri dovranno cominciare a studiare la lingua già prima di entrare in Danimarca. È facile prevedere che il numero di ricongiungimenti familiari calerà ancora. (l'Occidentale)

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