venerdì 29 novembre 2013

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29 novembre 2013

“E’ vero, i giudici non hanno creduto all’incontro fra Andreotti e Riina, ma noi che potevamo fare? In questo paese vige l’obbligatorietà dell’azione penale”. Così Gian Carlo Caselli dopo la sentenza. “L’obbligatorietà dell’azione penale è una forma di ipocrisia”. Così Luciano Violante ieri in un’intervista. Non è una polemica diretta visto che sono passati giusto vent’anni fra una dichiarazione e l’altra. Le cose cambiano. Del resto alla fine degli anni 80 ricordo un dibattito sulla giustizia organizzato a Catania in cui Pannella sostenne che era ora di affrontare il tabù della famosa obbligatorietà e il mio vicino mi sussurrò: “Minchia, Marco sempre esagerato è”. Insomma perché la sinistra si accorga di un errore, devono passare minimo vent’anni. Si sa, è ormai quasi un luogo comune. Eppure qualcuno che se ne accorge prima c’è sempre. Per esempio su Internazionale, che pure a sinistra è molto letto, la settimana scorsa il direttore Giovanni De Mauro ha scritto le seguenti cose: “Le intercettazioni sono strumenti d’indagine… Pubblicarle è illegale con le indagini in corso o, peggio, quando non hanno rilievo penale”. “Dovremmo chiederci chi decide di darle ai giornali e perché”. “Pubblicarle indiscriminatamente non è giornalismo, è un commercio a scopo politico e soprattutto uno dei modi con cui si stanno liquidando le garanzie costituzionali”. Parole sante. E vediamo di metterci meno dei soliti vent’anni.
di Massimo Bordin@MassimoBordin

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