martedì 29 gennaio 2008

Divisi da Pannella uniti dal Cavaliere. Susanna Turco

Non si può certo dire che il loro passato li abbia aiutati ad amarsi, eppure in prospettiva sarà proprio la politica a voler­li insieme. Daniele Capezzone e Bene­detto Della Vedova, il fondatore del network Decidere.net e il presidente dei Riformatori liberali, l'iperattivo talentuoso e il bocconiano tenace, sono diversi in tutto tranne che nella storia politica. Già radicali di belle speranze, ultimi in ordine di tempo tra "soprav­vissuti" al distacco da Pannella l'ex pupillo e l'ex oppositore del gran capo dopo aver incarnato il bianco e il nero della politica di Torre Argentina si ri­troveranno insieme, nelle prossime elezioni, nel centrodestra del Popolo delle libertà, o comunque gravitanti nell'area di Forza Italia. Entrambi ne­gano di voler fare i «capetti di partiti-no», e certamente - scarsa affinità ca­ratteriale a parte - non hanno in pro­gramma di fondere le rispettive crea­ture. Eppure, quando si tratterà di de­cidere modi e forme della prossima corsa al voto, non è da escludere che potranno trovarsi a dover rappresenta­re, magari con una lista di bandiera, le posizioni e le ragioni dei radicali di de­stra («sempre che Berlusconi faccia posto a tutti e due», malignano gli ex compagni di partito).

«Sono sicuro che finiremo inevitabil­mente e felicemente per lavorare insie­me», dice assicura Della Vedova. «An­che se, in realtà, spero sempre che sia l'intero gruppo radicale a scegliere di schierarsi da questa parte», aggiunge. Oggi deputato di Fi, lui il gran salto fuori da via di Torre Argentina, verso via dell'Umiltà, l'ha fatto nell'estate del 2005, creando il movimento dei Riformatori liberali - collegato da un patto federativo con Forza Italia alle ultime elezioni - dopo aver sostenuto per anni che i radicali dovessero «giocarsi le lo­ro carte» non fuori, ma dentro una coa­lizione: «Lo dissi per l'ultima volta in un'assemblea del giugno 2005, mi ri­sposero che non era ancora aria», racconta, «Allora incontrai Berlusconi, nel momento in cui tutti scappavano in di­rezione opposta, e gli comunicai che volevo contribuire a rafforzare il connotato liberale e liberista del centrode­stra». Detto, fatto. E visto che nello stesso periodo la leadership radicale stava maturando la scelta di buttarsi a sinistra, Della Vedova si è trovato di lì a poco nella ottima posizione di incarna­re il dissenso degli scontenti per la svolta pro-Prodi.

Di qui la nascita, con il contributo anche economico di Berlusconi, del movimento dei Riformatori liberali guidato da Della Vedova con Marco Taradash, Peppino Calderisi e Carmelo Palma. Un movimento «liberale, liberi­sta e libertario», come vuole lo slogan, che però a dispetto del battesimo inco­raggiante, finisce per arenarsi, eletto­ralmente parlando, nelle secche della scarsa visibilità. Alla Camera, l'unica candidatura "sicura" dentro le liste di Forza Italia è alla fine soltanto quella di Della Vedova. Al Senato, per via del­le difficoltà nella raccolta delle firme su nuovo simbolo "Riformatori liberali-Radicali per le libertà", il movimento riesce a presentarsi con liste autonome soltanto in Veneto, Puglia e Sicilia, otte­nendo così 7.768 voti e nessun eletto. «Se Berlusconi avesse mandato Bene­detto più spesso in televisione, il risul­tato sarebbe stato ben diverso», è il commento di Marco Pannella.

Comunque sia, mentre quello dei Riformatori liberali rimane sostanzial­mente un movimento di opinione, atti­vo soprattutto nell'ambito referendario (prima per il sì alla riforma costituzionale, poi nel comitato promotore di Guzzetta), Della Vedova, «unico so­pravvissuto» di RL in Parlamento, in questi due anni ha lavorato «più dentro che a fianco di Forza Italia», «rappresentando una specificità che non vuole differenziarsi, ma arricchire la propo­sta». In prospettiva si vede come una delle tante «anime» che graviteranno nel Popolo delle libertà: «Non ho mai pensato di fare il leaderino di partitino, è un'idea mi fa venire l'orticaria. Riten­go che si debba superare la frammen­tarietà e intendo il centrodestra come un grande partito in cui ci sia competi­zione tra tante anime che si ritrovano attorno a una serie di obiettivi precisi di politica e di governo». Piuttosto lon­tana da lui è quindi l'ipotesi di fare, se non un partito, quanto meno una lista liberal-radicale: «Mi sento parte del Pdl e di Forza italia e chiederò certa­mente il voto dei radicali per la coali­zione guidata da Berlusconi. Il resto è strategia e tattica elettorale di cui è presto parlare», dice. Ed è, il suo, lo stesso atteggiamento con il quale si accosta al tema Daniele Capezzone.Parecchio impegnato sia con Decidere.net, il network di elabo­razione di proposte economiche che a breve lancerà una nuova iniziativa sul private equity, sia con la recente dire­zione politica dell'agenzia di stampa "il Velino", l'ex enfant prodige, deputato del gruppo misto dopo un faticoso distacco dai radicali, conferma «il desiderio di dare una mano al progetto del Popolo libertà» e si augura che «alcune nostre proposte siano giudicate inte­ressanti». Qualcosa di più preciso circa la sua collocazione non è per ora dato sapere: «Ho il mantra dei contenuti», spiega, «e sono convinto che rispetto a questi due nuovi partiti che nascono, Pd e Pdl, sarebbe importante portare ciascuno i propri contenuti e cercare di lavorare insieme». (Liberal)

3 commenti:

Anonimo ha detto...

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Anonimo ha detto...

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Anonimo ha detto...

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