martedì 15 gennaio 2008

Rifiuti, contro i termovalorizzatori solo odio ideologico. Dario Giardi

Anche se è sotto gli occhi di tutti la triste e sconcertante emergenza rifiuti campana, l’opposizione ai termovalorizzatori continua imperterrita. Guardando le immagini che in questi giorni scorrono sui TG è davvero difficile pensare che solo chi difende i termovalorizzatori abbia degli interessi economici nel farlo mentre chi vorrebbe perpetuata questa condizione di emergenza no. Tra i molti antagonisti dei termovalorizzatori, la gran parte si limita a bocciare la tecnologia non fornendo alternative in merito. Troppo facile. I più coraggiosi si lanciano in dissertazioni che credo vadano affrontate una volta per tutte con chiarezza.

I più ingenui, addirittura, contestano l’uso improprio del termine stesso che a loro modo di vedere coincide con quello di inceneritore. Sbagliato. Il termovalorizzatore non è un sinonimo di inceneritore. In termini linguistici sono sinonimi, in termini tecnici, invece, sono impianti molto diversi: nell’inceneritore la combustione è il fine, essendo solo un modo per smaltire (distruggere) i rifiuti; nel termovalorizzatore la combustione è invece un mezzo per “recuperare” (produrre) energia. Poi ci sono differenze fondamentali nell’impatto sull’ambiente: fra i due tipi d’impianti, infatti, ci sono più di vent’anni d’evoluzione tecnologica che rendono i termovalorizzatori di ultima generazione più sicuri sia per l’ambiente sia per la salute pubblica. In particolare, grazie al continuo miglioramento dei sistemi per abbattere gli inquinanti dei fumi, alle nuove caratteristiche dei forni e agli interventi che hanno ottimizzato il processo di combustione, i moderni termovalorizzatori sono in grado di attuare un contenimento preventivo delle emissioni. In sintesi: i due concetti impiantistici sono separati da 20 anni di tecnologia, in Italia gli inceneritori rappresentano una soluzione tecnologica ormai obsoleta non più utilizzata.

Per gli oppositori la panacea a tutti i mali legati al ciclo dei rifiuti sarà rappresentata dal TMB, ovvero “Trattamento Meccanico Biologico”. Sbagliato.
E’, infatti, pura demagogia affermare che:

1) l’impianto di Trattamento Meccanico Biologico è una struttura nella quale l’immondizia viene separata e trasformata in materiali di diversa natura da riciclare e riutilizzare per diversi scopi;

2) vengono superati inceneritori e discariche.

1) La magica struttura di cui si straparla serve a separare meccanicamente la frazione umida dei rifiuti da quella secca. La frazione umida viene fatta essiccare fino a diventare Frazione Organica Stabilizzata (FOS). La FOS può essere utilizzata esclusivamente per ricopertura di cave o discariche e non può essere utilizzata per l’agricoltura, per coltivare piante o fiori e nemmeno per terra da vasi. In genere la FOS finisce in discarica come materiale di ricopertura dei residui dell’impianto di trattamento.

2) La parte secca viene separata, a sua volta, in parte combustibile (carta, cartone, plastiche, legno…) e parte non combustibile. La parte combustibile diventa Combustibile da Rifiuti (CDR) da inviare necessariamente ai termovalorizzatori.

Il 65% dei rifiuti in entrata finiscono in discarica ed il 18% finiscono in un termovalorizzatore. Il resto sono perdite di processo. E’ evidente che l’impianto di TMB non supera né la discarica né il termovalorizzatore.

Poco convinte della possibilità che i processi di TMB possano sostituire la termovalorizzazione sono le stesse aziende che lavorano nel settore dei servizi pubblici di igiene ambientale. "La biostabilizzazione meccanica - afferma Daniele Fortini, presidente di Federambiente - è un processo che adottiamo da molti anni in Italia e in molte aziende (non è altro, infatti, di uno sviluppo della tecnica di compostaggio). Possiamo definirci a pieno titolo dei pionieri in questo particolare settore. Ma da qui a dire che gli impianti TMB sono la tecnologia del futuro per lo smaltimento dei rifiuti... be', su questo non posso che dissentire". Perché, precisa Fortini, "non dobbiamo dimenticare che per quanto siano tecnologicamente avanzate, si tratta sempre e comunque di impianti di raffinazione, il cui fine è la trasformazione dei rifiuti in forme che ne consentano una destinazione finale più attenta ed efficace, discarica o termovalorizzatore che sia".

Infatti…proprio richiamandomi alle leggi della termodinamica (tanto citate dagli oppositori ai termovalorizzatori) secondo cui nulla si crea e nulla si distrugge ma tutto si trasforma, non si comprende come il termovalorizzatore non faccia scomparire i rifiuti trasformandoli solo in qualcos’altro, mentre questi trattamenti meccanici biologici si? Queste “leggi” non dovrebbero avere valenza universale?

Altra frase tipica degli avversari ai termovalorizzatori è la seguente: i termovalorizzatori vanno proibiti perché nel bruciare i rifiuti producono diossina. Dispiace costatare che questi signori sono rimasti agli anni 80. Infatti, l’emissione di diossine dalla combustione dei rifiuti riguardava la vecchia generazione di inceneritori degli anni Ottanta appunto. Va inoltre aggiunto che i termovalorizzatori di vecchia generazione bruciavano i rifiuti a una temperatura di 6/700 gradi, e allora una minima parte di diossina andava nell'aria. Ma ora, ed è un esempio il termovalorizzatore di Brescia, con le ultime tecnologie si bruciano i rifiuti a una temperatura sui 1100/1200 gradi e a questa temperatura esce dall'impianto fumo pulito.

Comunque, a prescindere da queste considerazioni legate alle tecnologie impiegate, lLa spazzatura bruciata di Napoli non produce diossina? Quanto impiega un termovalorizzatore moderno per sprigionare la diossina che sprigiona in un giorno la montagna di spazzatura disseminata nelle strade napoletane? Già da oggi nel napoletano la gente muore da intossicazione, eppure i termovalorizzatori non ci sono: è strano che a molti “cigni bianchi o verdi” facciano paura impianti che non ci sono, invece che veleni che ci sono già.

Quanta diossina hanno liberato nel cielo (ex) azzurro di Napoli, i 65 cassonetti di pattume bruciati nelle rivolte di piazza in questi giorni? Poco meno di 9 mila microgrammi. Pari a quanta ne butta fuori l'inceneritore di Marghera in 546 giorni a pieno ritmo. E quante polveri nocive si sono levate, da quei cassonetti? Quante ne espelle il termovalorizzatore di Brescia in 441 giorni. Lo dicono i dati dell'Istituto superiore di sanità. Dati ripresi anche da un ambientalista al di sopra d'ogni sospetto quale il presidente onorario di Legambiente Ermete Realacci. Ancora…

Dai rifiuti bruciati nelle strade si sprigiona la stessa diossina che si assumerebbe in anni "normali". Lo spiega Ivo Allegrini, direttore dell'istituto sull'Inquinamento Atmosferico del Cnr, secondo cui la quantità di questa sostanza che si sviluppa dai roghi è notevolmente più alta di quella che si ottiene dagli inceneritori. «E' impossibile fare una stima di quanta sia la diossina che si sviluppa dai roghi - spiega Allegrini - perché i rifiuti domestici hanno una composizione estremamente variabile. Certo è che, finché il rogo è in funzione, chi sta nelle vicinanze ne assume una quantità che impiegherebbe anni ad assumere normalmente. Noi ci preoccupiamo di pochi miliardesimi di grammo prodotti dagli inceneritori, ma in questo caso si tratta di quantità molto più alte».

Come possiamo sperare che l’emergenza rifiuti sia risolta, o siano intraprese delle decisioni, se abbiamo una certa classe politica? Ci vogliono uomini giusti al posto giusto, impiegando anche professionisti non politici e non “ideologizzati” che siano a conoscenza di quello che fanno e di quello che dicono. (l'Occidentale)

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