giovedì 13 settembre 2007

Boeri sbaglia, i blog sono un luogo della politica. Mario Adinolfi

La lettera a LaStampa.it di Mario Adinolfi, candidato alla segreteria del Pd su blog, politica e informazione.

Nell’editoriale di ieri pubblicato su la Stampa, Tito Boeri scrive parole di una qualche rilevanza sul V-Day e su Beppe Grillo, poi arriva al nocciolo della sua riflessione: “Il blog non è forse lo strumento più consono per svolgere la funzione vera della politica, che è quella di mediare fra interessi diversi e trovare una sintesi. Più probabile che Internet continui ad essere uno strumento di informazione e di denuncia. È una funzione comunque molto importante”. Ecco, derubricare la forma blog e addirittura internet nel suo complesso a “strumento di informazione” è l’errore classico che compie chi internet non la vive pienamente. Eppure un sito vivace Tito Boeri ce l’ha ed è il cliccatissimo Lavoce.info, punto di riferimento settoriale per i temi dell’economia dell’intera rete italiana. Io stesso ho tratto, con Michela Murgia che presiede il comitato di sostegno alla mia candidatura alla segreteria del Pd, da La voce.info la proposta per superare la legge Biagi e il precariato endemico, attraverso la forma del contratto a stabilizzazione progressiva. Forse, però, dovrei convincere Boeri ad aprirsi un vero blog personale. Non riesco neanche a convincere la mia fidanzata a farlo, dunque mi arrendo in partenza. Ma se non si pratica, non si capisce. In qualche riga provo a spiegare perché.

I blog non sono solo “uno strumento di informazione e di denuncia”. I blog possono essere (e non da oggi) un luogo della politica. Non della chiacchiera politica, del teatrino, del gossip o della lamentazione perpetua del piove-governo-ladro. I blog sono un luogo dell’aggregazione di idee e consenso, della politica “vera” dunque, da almeno quattro anni. Da quando cioè un signore chiamato Howard Dean e un movimento del web chiamato Move On sono riusciti a raccogliere qualcosa come settantotto milioni di dollari in poche settimane per consentire all’ex governatore del Vermont di sfidare il classicissimo vecchio senatore bostoniano John Kerry in Heinz alle primarie del partito democratico per le elezioni presidenziali americane del 2004. Quel modello, che portò Dean prima a far tremare Kerry per la nomination e oggi a guidare la macchina organizzativa del partito democratico americano, raccontò al mondo che la rete era qualcosa in più rispetto a uno “strumento di informazione”. Era una novità epocale capace di trasformare un signore sconosciuto in un concorrente credibile per la presidenza della più grande superpotenza del pianeta.

Di solito quando racconto la storia di Howard Dean arriva sempre qualcuno con il dito alzato a dire: “Ma Howard Dean ha perso”. Vero. Nel 2004 Dean ha perso quelle primarie. E il 14 ottobre 2007 io con la mia rete di blogger di Generazione U sotto l’insegna della chiocciola di internet, perderò contro Veltroni le primarie del partito democratico italiano. Ora che ricordo, nel 2001 proprio il quotidiano la Stampa con una bella paginata raccontò anche la nostra prima sconfitta, forse la prima in assoluto di un gruppo politico nato dal web. Guarda caso sfidammo proprio Veltroni per la fascia tricolore e il Campidoglio. Avevamo tutti meno di trent’anni e ricordiamo quello come l’inizio della nostra storia. Che ad oggi è fatta di sconfitte. Ma la curva racconta che ogni volta cresce il consenso che dal web riusciamo ad aggregare.

Dean è arrivato a un passo dal traguardo. Ci sarà un Dean che vince, prima o poi. Ed è più prima che poi. Quello che Boeri ed altri dovrebbero saper leggere è la tendenza. Insomma, che sta succedendo in Italia e nel mondo attorno alla rete, quando si incrocia con le forme concrete della politica e della democrazia? La democrazia attuale, quella “fuori dal blog”, gode di splendida salute? Non mi sembra. Trema sotto i colpi dello strapotere di alcuni negli old media televisivi, sotto l’arroganza di una casta di politici prevalentemente delegittimati, sotto una legge elettorale che non ha eletto ma nominato dei rappresentanti che oggi non rappresentano nessuno. E’ questa debolezza della democrazia rappresentativa novecentesca a rendere estremamente appetibile la democrazia diretta del ventunesimo secolo, che si comincia a respirare via web e Grillo è solo l’inizio, forse effimero, di un percorso che effimero non è. Oggi la “democrazia del blog”, quello che noi chiamiamo ‘direttismo’ e cioè il salto della mediazione operata dal politico professionista, per arrivare ad una rappresentazione diretta e rumorosa dei propri interessi e bisogni, è una pratica diffusa e quotidiana. Si pratica quotidianamente in rete. Attende solo le forme istituzionali per esprimersi e se queste forme non verranno immaginate, la rappresentazione sarà extra-istituzionale e allora i rischi di conflitto diventeranno pesanti.

Il tutto sta avvenendo nel silenzio degli intellettuali italiani, che si sono svegliati solo con Beppe Grillo. Ha scritto qualcosa di importante, nei mesi scorsi su La Stampa, Andrea Romano che ha capito per primo che le primarie del partito democratico in Italia sarebbero state un banco di prova importante per la nuova democrazia nata in rete. Per fortuna poi ci sono cinquantenni come Tito Boeri che si sentono interrogati anche loro da quanto sta accadendo all’incrocio tra blog e politica. Sono intellettuali cinquantenni e non politici, perché i politici loro coetanei (con qualche timida eccezione) si guardano bene dall’infilare la faccia in questo rovente calderone, bollando ad esempio Beppe Grillo con la troppo semplice accusa di “qualunquismo”. O, come ha fatto Scalfari ieri su Repubblica, chiudendo il suo articolo infinito con queste parole liquidatorie: “Questioni complesse quando sono semplificate sopprimono la responsabilità personale dell'individuo e ottundono le sue capacità critiche”. A me viene da pensare che in questa teoria elitista, secondo cui la gente non capisce le “questioni complesse” e dunque debbano decidere sul destino di tutti i filosofi di Platone, sta il nodo della crisi anche culturale delle classi dirigenti italiane. Che oggi sono peggiori delle loro “basi”. Per questo la piramide finirà per essere rovesciata.

Dai blog, dove le idee aggregano consensi, i consensi aggregheranno denari e tutto si farà mobilitazione politica. Vincente, molto presto. E destinata a reggere l’urto del tempo e del declinare delle passioni. Insomma, non sarà più una mobilitazione emotiva, come certamente è stato il V-Day. Sarà una stabile costruzione di una proposta alternativa di governare la politica, saltando la mediazione di professionisti ormai inutili e conducendo il mondo verso un’era nuova: l’era della democrazia diretta, fatta di primarie, di leggi di iniziativa popolare, di referendum propositivi e abrogativi, di un esecutivo snello ed efficiente eletto direttamente dai cittadini che governerà con limite di due mandati.

Sta affacciandosi un sistema nuovo di decisione per le comunità in cui viviamo. Passa dalla rete, non siate distratti e non sottovalutate i blog. Sono le avanguardie di questa transizione, inevitabile, verso la politica del futuro.

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