venerdì 17 dicembre 2010

Obbligo di capire. Davide Giacalone

Nessuno è autorizzato a non capire, noi non siamo disposti a tacere: i criminali che hanno messo a soqquadro Roma non sono teppisti di passaggio o giovinastri esagitati, ma gruppi militarmente addestrati e con una precisa linea politica. La stessa linea politica che portò, nell’ottobre scorso, Giorgio Cremaschi e Maurizio Landini ad umiliare Guglielmo Epifani, facendolo inginocchiare davanti all’antagonismo sociale e rinnegare la tanto ricercata “concertazione”. La stessa linea politica che ha portato i sindacalisti Fiom ad aggredire sindacalisti di altre convinzioni. La stessa che ha sparato un lacrimogeno addosso a Raffaele Bonanni, capo della Cisl, poi tornando a minacciarlo pubblicamente. La stessa che oggi spinge la Fiom a ritenere possibile togliere spazio a Susanna Camusso, nuovo segretario della Cgil, spingendola sul terreno dello scontro. Il nemico di questa falange violenta non è la destra al governo, ma la sinistra che non chiama la piazza alla sommossa. La colpa della sinistra è di non capire quanto contribuisce all’alimentare i violenti, sostenendo e scrivendo che la colpa degli scontri sarebbe del governo, magari per le misure di sicurezza messe a protezione del Parlamento. O sostenendo che se Silvio Berlusconi mollasse ciò sarebbe sufficiente a pacificare gli animi, con ciò stesso umiliando la sovranità popolare e le prerogative parlamentari. Ogni teoria della “colpa altrui” è complice dei violenti, perché ne copre le responsabilità.

Gli scontri romani sono stati preparati e pianificati, senza che c’entrasse nulla la partita politica che si giocava in Parlamento. Alla Camera dei Deputati il genio politico e l’astuzia tattica di Gianfranco Fini, alimentati da un’egolatria senza appigli, riuscivano a far sembrare un trionfo di Berlusconi il giorno in cui il governo ha perso la maggioranza parlamentare. Ma l’esito del voto sulle mozioni di sfiducia non è stato accolto, dagli squadroni del terrore, come una iattura, bensì come una buona novella, destinata a giustificare la violenza e a condannare la sinistra del parlare a vuoto.

Quest’ultima, effettivamente tale, non si rende conto che opporsi al governo, con argomenti anche durissimi, non solo è un diritto politico, ma talora un dovere, mentre scatenare una campagna sulla corruzione dei parlamentari che non tradiscono abbastanza lo schieramento nel quale sono stati eletti è una scelta demente, destinata solo a togliere spazio alla ragionevolezza per consegnarlo all’estremismo. Insomma: se è vero che il governo si regge sulla corruzione allora è giusto dar fuoco alla piazza. Solo che è falso. Pier Luigi Bersani lo sa bene e, se non è uscito di senno, conosce bene le ragioni per cui la sinistra non vince. Ma tace, crede d’essere furbo a cavalcare il fascismo giustizialista di Antonio Di Pietro, a tenere nelle vele le campagne stampa di Repubblica e del suo soffiare su tutti gli istinti non politici. Crede di potere contrastare Nichi Vendola candidando Piero Fassino a Torino, quindi in una logica tutta interna, anziché lavorando a proposte politiche di totale rottura con il passato. Tutto questo scava la fossa alla sinistra e consegna all’antagonismo la sensazione che sia maturo il tempo per occupare la scena.

I teorici di questa linea politica, che si trovano alla Fiom, sono orfani della guerra di classe, ovvero di una spiegazione del mondo tutta articolata attorno allo scontro fra proletari e capitalisti. Robaccia che spiega la storia tanto quanto gli dei dell’olimpo spiegavano il fulmine. Oggi riciclano le loro mazze ferrate, le loro testuggini corazzate, i loro bombaroli incendiari, nella nuova scena dell’antagonismo sociale, ovvero della rivolta che prescinde dagli interessi e dal lavoro, nutrendosi d’odio per chiunque non veda nello scontro non un mezzo, ma il fine stesso dell’esistenza. Non a caso si ritrovano al fianco i drogati e viziati dei centri sociali. Non a caso finiscono assieme agli ultras del rincoglionimento calcistico (ma assai ben organizzato, quando si tratta di menare). Quanto e cosa ci vuole per passare dallo sfondare macchine e vetrine (di lavoratori veri) allo sparare? Non lo so, spero non succeda mai, ma una cosa è certa: non lo sanno neanche gli stregoni che officiano questo rito macabro e insulso.

Lo ripeto: nessuno è autorizzato a non capire. Nessuno a non vedere che la solita cultura del pensiero moscio e conformista, di cui sono protagonisti i privilegiati cui s’inturgidisce l’anima nel blandire i disgraziati, ha già cominciato a pomiciare con i peggiori. Facciamo finta, si dicono, che sia una rivolta contro l’odiato e indegno Berlusconi, sfruttiamo le mazzate, fingiamo che siano i derelitti che si battono contro la fame e l’ingiustizia. Una recita mentecatta. Ma stia attenta la sinistra, sappia comprendere per tempo qual è la differenza fra il salire sul tetto sbagliato e ritrovarsi accanto il compagno sbagliato. Non si rimpiatti sostenendo che sono provocatorie queste parole, perché la misura è già colma da tempo, e loro già inerti da troppo.

Nessun commento: