giovedì 25 ottobre 2012

Prof. Scafetta, Duke University: le variazioni del clima collegate ai movimenti del sistema solare. Corrado Fronte

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Secondo il blocco scientifico e politico dominante, che fa capo all’IPCC, la scienza del clima sarebbe ormai definita (science is settled) sulla base dei modelli sviluppati al computer che attribuiscono alla CO2 prodotta dall’uomo quasi tutto il riscaldamento globale osservato dal 1970. Ma secondo il prof. Nicola Scafetta in realtà nessuno lo pensa veramente. Le proiezioni avvalorate dall’IPCC predicono un riscaldamento catastrofico nel 21° secolo, a meno che non vengano prese misure drastiche per la riduzione delle emissioni dei gas serra. Ma questi modelli, chiamati General Circulation Climate Models (GCM) secondo il prof. Scafetta sono inattendibili in quanto non rispondono ad un requisito fondamentale: non riescono a rappresentare le variazioni della temperatura terrestre del passato. Quale valore possono allora avere le proiezioni future? Scafetta ha sviluppato un modello empirico in cui si assume che il clima è sincronizzato al movimento del sistema planetario solare, e per la maggior parte a Giove e Saturno. Questo modello dà risultati in linea con le temperature realmente misurate ed è quindi più attendibile dei modelli usati dall’IPCC (1)
Scafetta prende in considerazione il periodo dal 1850, perché da qui sono disponibili misurazioni termometriche di una certa affidabilità, e osserva che l’andamento reale si discosta significativamente da quello ottenuto con i modelli GCM. Consideriamo il grafico seguente, che riporta l’andamento delle temperature misurate sovrapposto a quello ottenuto da uno dei modelli GCM (GISS ModelE, svilupato dal Goddard Institue fo Space Sdudies della NASA).

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Si vede anche ad occhio che il tracciato delle temperature misurate presenta a distanza di circa 60 anni tre “gobbe”, nel 1880, 1940 e 2000, in una tendenza di fondo comunque ascendente. Queste gobbe, in particolare quella del 1940, non sono rappresentate dal modello GCM, e quindi esso non rappresenta un fattore di periodicità di circa 60 anni che è invece presente in natura. Questa carenza è presente in tutti i modelli GCM sviluppati. Dice Scafetta: Ho studiato tutti i modelli di simulazione riguardanti il 20° secolo raccolti dal Programma per la Diagnosi Comparativa dei Modelli Climatici (Program for Climate Model Diagnosisi and Intercomparison – PCMDI) , disponibile come allegato all’articolo). Ebbene, si può agevolmente riscontrare che la capacità di questi modelli di riprodurre il clima riscontrato è veramente scarsa.
In realtà la discrepanza non era passata inosservata. Il prof. Franco Battaglia da tempo mette in evidenza la contraddizione: le temperature reali sono diminuite nel periodo 1940 al 1975, quando in realtà c’è stato un boom della attività industriale e le emissioni antropiche di CO2 sono salite di conseguenza(2). Anche la temperatura del mare fu oggetto di contestazioni, al punto che importanti istituti coinvolti nella elaborazione dei modelli, la CRU britannica e la NOAA americana, decisero di apportare un fattore di correzione per spianare la gobba imbarazzante del 1940. A tale proposito si veda un mio precedente articolo (3). Ebbene, usando analisi di regressione e compensando per il trend di aumento del valore medio il prof. Scafetta ottiene questo grafico sorprendente:
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E’ subito evidente una periodicità di circa 60 anni, ma utilizzando tecniche di analisi più sofisticate si possono evidenziare almeno altri 3 cicli periodici di circa 9, 10 E 20 anni. Ebbene, questi cicli sono correlabili ai movimenti dei pianeti del sistema solare, i quali si trovano periodicamente in allineamento o in opposizione tra di loro e rispetto al sole. Gli attori più importanti sono Giove e Saturno. Il prof. Scafetta fa notare che oltre a questi cicli, che sono stati oggetto di questo suo studio, ce ne sono altri di periodo più lungo, pluri-centennale o pluri-millenario, i quali però per essere studiati necessitano di dati cosiddetti “proxy”. Cioè, non essendo ovviamente disponibili dati termometrici, ci si basa su osservazioni di tipo geologico e biologico collegabili alla temperatura. Questi dati peraltro presentano un certo grado di incertezza. A titolo di esempio Scafetta riporta un grafico apparso in uno studio di Hole Humlum, del Department of Geosciences, University of Oslo, Norvegia (4)

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Lo studio di Scafetta sviluppa la rappresentazione geometrica dei fenomeni, limitandosi a citare altri ricercatori che indagano sulle cause naturali, di natura fisica e astronomica, che potrebbero originarli. Ad esempio Abibullo Abdussamatof ha identificato oscillazioni bicentennali dell’ Irraggiamento Solare Totale (5); Jasper Kirkeby e Henrik Svensmark attribuiscono ai cicli solari una azione di schermo nei confronti dei raggi cosmici, i quali sarebbero responsabili della formazione delle nuvole (6); Nir Shaviv e Jean Veizer, sostengono che il sistema solare attraverserebbe zone dello spazio in cui l’intensità dei raggi cosmici varia (spiral arms della Via Lattea) e questo porterebbe a variazioni climatiche su ampia scala correlabili alle ere glaciali (7)
Un'altra importante osservazione del prof Scafetta riguarda l’influenza delle eruzioni vulcaniche. Si ritiene che queste, immettendo nell’atmosfera una grande quantità di aerosols, limitino l’irradiazione solare con conseguente raffreddamento della terra. Nel periodo esaminato ce ne sono state 3. L’ultima grande eruzione, quella del Pignatubo del 1991, avrebbe protratto i suoi effetti fino ad oggi, assorbendo alcuni decimi di grado che l’attività antropica avrebbe nel frattempo generato. Ma secondo Scafetta nei grafici delle temperature reali queste importanti deviazioni non si riscontrano, e questo, indica che gli effetti raffreddanti delle eruzioni vulcaniche sono stati esagerati nei modelli GCM. Inoltre le misure di temperatura potrebbero essere influenzate dall’ampliarsi delle isole di calore urbano.
Scafetta allora ricostruisce il grafico IPCC mantenendo le assunzioni riguardanti le emissioni antropiche, ma introducendo le oscillazioni decennali e sessantennali, e correggendo l’effetto attribuito erroneamente alle eruzioni vulcaniche.

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In pratica attorno al 2000 si sarebbe raggiunto il massimo sessantennale, e da quel momento in poi le temperature non sarebbero più aumentate. Quindi la tendenza all’aumento della temperatura riscontrato nel periodo 1970-2000 non si ripeterebbe nel trentennio successivo, ma riprenderebbe eventualmente attorno al 2030 per raggiungere un nuovo massimo nel 2060 e poi rallentare nuovamente. Al netto l’aumento di temperatura nei prossimi 100 anni si ridurrebbe a 0,3-1,2 °C; sarebbe quindi di gran lunga inferiore alle proiezioni dei GCM, tanto da non essere più preoccupante; il livello del mare, ad esempio, salirebbe di solo 5 pollici, un terzo di quanto proiettato dall’IPCC. Non è quindi giustificato il gigantesco sforzo che viene richiesto all’economia mondiale per ridurre le emissioni di CO2. E questo senza tenere conto dei cicli pluricentennali, che sovrapponendosi a quanto descritto poterebbero portare, secondo alcuni studiosi, addirittura ad un drastico raffreddamento, una nuova era glaciale.
Contrariati dal mancato riscaldamento negli ultimi 10 anni, i cervelloni dell’IPCC cercano soluzioni al problema quali un effetto sottostimato delle piccole eruzioni vulcaniche, una ipotetica emissione di aerosol da parte della Cina, un imprevisto “red noise” decennale dovuto alla fluttuazione del contenuto calorico degli oceani. Ma tutto questo, commenta Scafetta dimostrerebbe solo che il modelli GCM possono essere convalidati solo a posteriori e non darebbero alcuna garanzia di avere capacità predittiva.
Con tutte queste incertezze e contraddizioni, e con gli spunti nuovi della ricerca libera, quanto ancora potrà resistere il dogma “science is settled” ? Ci auguriamo che crolli al più presto, e con esso finiscano anche le speculazioni miliardarie che si alimentano sul teorema del riscaldamento globale antropogenico.
Il professor Nicola Scafetta, uno scienziato di 40 anni originario di Gaeta. Nel 1998, dopo essersi laureato in fisica a Pisa, è andato a continuare i suoi studi negli US dove ha conseguito il PhD. Si è poi trasferito nel ruolo di ricercatore ed insegnante al Free-electron laser laboratory della Duke University, uno dei più prestigiosi atenei degli Stati Uniti, fondato nel 1838 a Durham, nella Carolina del Nord. Scafetta è membro dell'Acrim (Active cavity radiometer irradiance monitor), centro mondiale di studio dell'irradianza solare associato alla Nasa (8).
(il Legno storto)

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