Sembrerebbe incredibile che si possa odiare la
propria terra, la propria patria, i propri concittadini, addirittura lo Stato
del quale si è il Presidente, al punto da auspicarne al più presto la consegna
agli stranieri, la perdita della sovranità e dell’indipendenza. Eppure agli
Italiani è successo anche questo nella loro terribile, lunghissima storia di odi
e di tradimenti da parte dei loro governanti, re, imperatori, papi, parlamentari
di ogni tendenza e di ogni partito. Quello che è nuovo nella situazione attuale
è che i detentori del potere sembrano odiare anche se stessi, uccidono anche se
stessi nel momento in cui odiano e uccidono gli italiani. Il quadro politico,
infatti, dice chiaramente soltanto questo: se tutti si affaccendano per
prepararsi alle prossime elezioni significa che non si rendono conto di aver
ridotto a grottesca finzione il parlamento approvando in massa i dittatoriali
decretoni dei “tecnici”.
È successo ancora ieri e non si può non
rimanere stupiti di fronte alla perseveranza con la quale il Pdl si condanna a
morte. Una cosa è certa: ogni volta che vota per il governo Monti, il
centrodestra perde il diritto a esistere (per non parlare dell’odio che suscita
nei suoi elettori). È in ballo infatti la sopravvivenza dell’Italia come stato,
la sua sovranità come “nazione”, una sovranità che con Maastricht e con l’euro,
con la Merkel e con la Bce, l’Europa ha già quasi del tutto eliminato. Dato che
i temi della patria, della libertà, dell’identità, della memoria storica, della
religione, della famiglia, sono (o forse bisogna dire “erano” ) precipui delle
destre, è evidente che è questo il motivo fondamentale per cui il Pdl appare
ormai sotto shock, in fase di disintegrazione. Si sente ripetere da ogni parte
che bisogna trovare volti nuovi, gente giovane e capace di entusiasmo, ma è
inutile sottolineare il fatto che si riuscirà a trovare soltanto persone ancora
più affamate di potere e di benefici di quelle vecchie e più abili
nell’afferrarli. Il parlamento è oggi il luogo dove chi è privo di rispetto per
se stesso e per qualsiasi valore, svolge la funzione di servire i banchieri e i
loro superiori incogniti.
La sinistra appare meno disastrata della
destra semplicemente perché la marcia verso l’internazionalismo, verso il
primato economico-finanziario nella gestione del potere, verso l’annullamento
dello stato nella solidarietà con in popoli di tutto il mondo è, fino dalle
origini, la sua meta ideale. Da lì scaturisce l’eccesso di baldanza e al tempo
stesso le esitazioni che in questo momento esibiscono i partiti dato che
probabilmente non si erano accorti di aver completato il percorso nel momento in
cui, con gesto concreto ma anche altamente simbolico, è stato un presidente
della repubblica comunista, chiamando l’Europa, a sventolare la bandiera del
traguardo vittorioso. La sinistra è giunta impreparata, infatti, davanti a una
situazione di cui le era sfuggito il significato anche se l’ha sempre desiderata
e ha lavorato incessantemente per realizzarla: un’Europa marxista, dominata
dall’economia, molto simile alla Russia bolscevica. Passetto dopo passetto
l’arma della “uguaglianza” ha eliminato tutte le differenze, e dunque tutti i
ruoli: Genitore 1, Genitore 2… Niente più padre, niente più madre, niente più
famiglia, niente più religione, niente più proprietà, niente più patria, niente
più nazione, niente più italianità, fino a: niente più libertà. Il sistema è
soltanto più sofisticato: il controllo di tutti i movimenti nei conti correnti
attraverso la denuncia delle banche sostituisce la presenza in ogni gruppo delle
spie staliniane e rappresenta una forma surrettizia dei “passaporti interni” in
vigore nell’Unione Sovietica. La sinistra comincia però a sentire anche molto
sapore d’amaro nelle sue vittorie e si accorge all’improvviso che perfino il
prediletto “gioco” della democrazia, nel quale si è esercitata ininterrottamente
lungo il trascorrere degli anni, adesso non serve più. Il traguardo era, anche
in Europa, il governo dei “tecnici”. Si erano dati questo nome, infatti, Lenin e
i suoi compagni rivoluzionari assumendo il potere al posto dei politici. I
partiti se ne convincano: hanno perso tutti. (Italiani Liberi)
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