giovedì 5 dicembre 2013

Somari e colpevoli. Davide Giacalone


Dalla scuola ci arriva una lezione su quali guasti azzoppano l’Italia. Ma anche su come sarebbe possibile e veloce, spendendo meno, recuperare. I test Pisa (Program for International Student Assessment), svolti in ambito Ocse, segnalano la solita tristezza: gli studenti italiani sono sotto la media. Leggendoli nel dettaglio, però, si scopre che molti luoghi comuni sono solo il riflesso dell’ignoranza e della rassegnazione. Ingiustificabili.

Per esempio: se si prendono i risultati dei ragazzi nel nord-est, specie in matematica, l’Italia si colloca sopra la media e fra i migliori; se si prendono quelli del sud, con la Sicilia che sprofonda, ce la giochiamo con i peggiori. Da qui è facile partire con la tiritera sull’arretratezza del sud, i guasti secolari, i retaggi del passato e così via delirando. Ma è falso: un secolo fa i “colti” erano in gran parte meridionali, con dominanza nelle professioni liberali, mentre il Veneto registrava il dilagare della miseria e dell’analfabetismo. Cosa è successo? Che la scuola, come tanti altri comparti pubblici, è divenuta una servizio a chi ci lavora e non a chi ci studia, e dove questo fenomeno è esasperato, quindi al sud, è divenuta mera spesa pubblica e volano d’ignoranza. Non tutta, non si deve generalizzare, si deve sapere distinguere e tutto quello che volete, ma i numeri sono spietati.

Altro luogo comune: perdiamo posizioni perché spendiamo poco, paghiamo male i docenti e diminuiamo le ore di presenza in classe. Falso, su tutta la linea: a. spendiamo male, per pagare personale e sedi, se spendessimo di più sprecheremmo di più; b. i nostri insegnanti (fra i quali ce ne sono di bravissimi, come di capre) sono pagati meno della media Ocse, ma se si va a vedere il loro costo per ora d’insegnamento ecco che va sopra, quindi sono troppi e l’organizzazione è penosa; c. i nostri ragazzi stanno a scuola più ore della media Ocse, poi sono quelli che hanno maggiormente bisogno di corsi di sostegno e ripetizioni private. Non credo sia necessario aggiungere altro.

Si può recuperare? Nel 2000, quando si fecero i primi test Pisa, la Germania era sotto la media, in quanto a capacità di lettura e comprensione, da allora, com’è capitato anche in campo economico, ha corretto il tiro e alzato il livello delle scuole professionali. Oggi è sopra la media. Proprio perché si ha a che fare con i giovani, e proprio perché parliamo di scuola, recuperare è possibile e veloce. Tutti gli indicatori ci dicono che il dramma della scuola italiana è la sperequazione (anche nella differenza fra maschi e femmine, con le seconde più brave in alcune materie e meno in matematica e scienze, l’Italia riproduce il fenomeno, ma allargando la forbice). Manca standardizzazione e misurazione. La risolviamo in pochi mesi, con la digitalizzazione. Obiettano: servono soldi che non ci sono. No, si risparmia. Il mostruoso costo dei libri di testo, largamente inutili e inutilizzati, che ogni anno le famiglie sopportano supera alla grande il costo del digitale. Con il quale è possibile non solo far emergere gli insegnanti migliori, mettere a disposizione di tutti i contenuti migliori, rendere esemplari le pratiche migliori, ma anche valutare in modo passabilmente oggettivo. Ci mettiamo un’estate a partire, un anno scolastico per mettere a punto la macchina e da lì in poi si comincia a risalire. Serve solo che la politica scolastica non sia né la politica per il personale scolastico, né il modo per finanziare gli stampatori di libri assurdi. Serve che la formazione professionale (regionale) non sia mangiatoia, ma il viatico per guadagnarsi da mangiare.

Un ultimo aspetto: la disciplina. In quanto ad assenze primeggiamo, assieme ai turchi, giordani e argentini. La scuola è un luogo di socialità, più che di studio e selezione. In quanto a quest’ultima: sono aumentati bocciati e rimandati. Attenzione: ne abbiamo ancora meno di Francia e Germania, ma più della media Ocse. Quindi: sotto la media in quanto a risultati culturali, sopra in quanto a bocciati e rimandati. Cosa significa, se non che manca la connessione fra qualità e selezione? Bocciare non è segno di rigore, ma di fallimento. Se un ragazzo non “è portato” va corretto il suo corso di studi, mentre la severità è solo apparente. In più l’Ocse calcola che un bocciato costa 48mila dollari in più, andandosene così il 7% della spesa complessiva. Ripete l’anno, costa e non migliora.

E’ un quadro nero. Ma la cosa più nera è l’incapacità di cambiarlo, fregando moltitudini di giovani e noi tutti. Non solo si deve, non solo si può, ma ci vuole poco tempo e servono meno soldi. Non è una riforma a costo zero, è una riforma a risparmio. Ma d’inestimabile valore. Basta liberare la scuola, così come va liberata l’Italia.

Pubblicato da Libero

Nessun commento: