sabato 14 dicembre 2013

W la plebe. Lanfranco Pace


Il forcone è arma primitiva. Serve a tenere a bada il nemico, a impedirgli di avvicinarsi troppo. E’ un gradino sotto la falce che richiede quanto meno un passo in avanti, una mezza voglia di conoscere chi c’è davanti e comprenderne le intenzioni. E’ due gradini sotto il fucile, arma decisamente urbana che non lascia spazio a equivoci. E’ il forcone il simbolo che hanno scelto questi nuovi sanculotti che con formula molto azzeccata Aldo Bonomi ha definito i “non più”: non più agricoltori, non più pastori, non più commercianti al dettaglio, non più piccoli imprenditori, non più artigiani, non più padroncini di camion.

Oggi italiani nel nulla. Ieri capitalismo molecolare che aveva attecchito nel deserto, nicchie di reddito che avevano contribuito a rendere meno pesante la crisi della grande fabbrica. Una fioritura avvizzita e morta per l’eccessiva pressione fiscale e la troppa austerità. Nemmeno se volessero, potrebbero cambiare se stessi e l’ambiente che li circonda, mai potrebbero innovare, reinventarsi, solo modo per sopravvivere a questa crisi: provateci voi a creare valore aggiunto sulle bancarelle. Sono molto più numerosi di esodati, cassaintegrati, pensionati a rischio di povertà. Sono milioni ma invisibili a sindacati e partiti. Il Cav. aveva deciso di ricevere una loro delegazione ma poi si è tirato indietro quando gli hanno detto che i ceti produttivi tradizionalmente vicini al centrodestra non avrebbero gradito. Sono milioni: plebei, per lo meno ruspanti, esprimono rivendicazioni di difficile decifrazione, parlano in modo confuso, non sembrano riconducibili a precise caselle ideologiche, sono stati un po’ di tutto nella loro vita civile. Decisamente non piacciono.

In televisione li mostrano per dovere di cronaca, nei talk-show li tengono nel freddo a battere i piedi, fondali di cartapesta in rappresentazione della realtà. Li lasciano parlare per pura cortesia, pochi minuti in cui loro si aggrovigliano, si vede che sono emozionati né hanno i leader naturali che spuntano di solito in ogni movimento. Allora i giornalisti lasciano planare il sospetto che siano diretti da altri, infiltrati da camorra e mafia o dalle più visibili estrema sinistra ed estrema destra, centri sociali, Forza nuova, Casapound. E siccome abbiamo un senso del nostro mestiere da quarto mondo, ecco che ci mettiamo a fare la lezioncina, la protesta va bene per carità è legittima, sacra ci mancherebbe. Ma la violenza no.

E’ incompatibile con lo stato di diritto, espressione che ricorda il conte Mascetti quando dice al passante “posso dirle due parole… vice sindaco”. Perché i Floris le Gruber i Vespa non vanno a dirle in America fregnacce del genere, lì sanno che non c’è democrazia senza conflitto e non c’è conflitto senza rischio di farsi male. Eppure benché siano milioni, questi non sono pericolosi. Almeno non ancora. Purché la si smetta di parlare di populismo, concetto di ardua definizione come una volta la “classe”. Ogni volta che autorevoli giornali lasciano intendere che chiunque non riconosca l’interesse generale, non accetti le decisioni di élite sovranazionali e cessioni di sovranità sia un populista, fabbricano eroi. I forconi sono popolo, una strana scheggia certo, ma popolo. Italiano. E come tutti gli italiani sono in diritto di aspettarsi qualcosa anche da un governo tutto chiacchiere e distintivo. Invece il ministro dell’Interno continua a coltivare l’orto del suo partito, sull’ordine pubblico fa la voce grossa quando non serve, dice che non permetterà mai che le città siano messe a ferro e fuoco, ci mancherebbe pure.

Il presidente del Consiglio va a Johannesburg ai funerali di Mandela, e come un arrampicatore venuto dalla provincia fa subito sapere che Obama gli ha chiesto notizie dell’Italia e gli ha consigliato di giocarsela all’attacco. Mah, nel discorso alla Camera in occasione del dibattito sulla fiducia, il terzo in otto mesi, decisamente troppi per un governo in così buona salute, non ha messo fuori nemmeno un orecchio dalla trincea. Ancora un po’ a fare le Marie Antoniette svampite, a parlare tanto per parlare e per non votare, e riusciremo a trasformare qualche decina di migliaia di donne e uomini che agitano un forcone in inflessibili rivoluzionari del Terzo millennio.

(il Foglio)


 

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