venerdì 21 dicembre 2007

Gli stipendi di Giordano. Paolo Della Sala

Ci avviciniamo alla fine dell’anno. E’ tempo di bilanci. Qual è la peggiore battuta dell’anno? Quella pronunciata da Franco Giordano, segretario di Rifondazione Comunista, alla trasmissione Ballarò di questa settimana: “Per salvare l’Italia bisogna calmierare i prezzi e aumentare i salari”. E’ la formula migliore per mandare a catafascio una nazione. Ai tempi del fascismo la gente diceva: “Lo zucchero ci dà amarezza, il riso ci fa piangere e il calmiere ci fa perdere la calma”.Secondo il segretario dei comunisti il rialzo dei prezzi è una manovra ordita dai commercianti e dai capitalisti per affamare i propri clienti... Ma non sanno questi Cacasenno che spopolano a Ballarò, loro patria virtuale, che nel mercato si vince offrendo il meglio al minor prezzo? Quale mercante, in una situazione di crisi economica, rialzerebbe i prezzi per speculare? Andrebbe contro il proprio interesse. E’ il mercato malato, quello regolato dal dirigismo statale e dai burocrati, a produrre inflazione, crisi e aumento dei prezzi.

Non è il segno di una volontà di fare i pescicani, ma l’unica arma di difesa per spostare più in là la chiusura. Purtroppo questa è l’unica scelta per dilazionare la crisi. Le imprese e i negozi alzano i prezzi perché nessuno ha più denaro da spendere, persino per i generi di prima necessità. Commercianti e impresari pagano le tasse sulla produzione e la vendita delle merci. Come se ciò non bastasse sono chiamati a pagare i tributi sulla propria persona fisica, che non torneranno mai indietro (andate a vedere le pensioni dei commercianti). Oltre a queste due imposizioni obbligatorie, devono anche pagare, oltre agli stipendi, anche tutte le tasse dei propri dipendenti. Sono loro quelli che pagano davvero tutto, anche per i lavoratori. E’ l’esatto contrario di ciò che sostengono sindacati e sinistre. L’equazione da fare è un’altra: se i prezzi salgono si vende di meno. Se se si abbassano per mano del Comitato centrale di Prodi, mentre insieme le imprese vengono obbligate a pagare di più i dipendenti, non per merito ma per legge, nessuno sopravviverà, i salari resteranno bassi e gli imprenditori faranno gli oligarchi cercando di sfuggire a un mercato che non c’è, oppure chiuderanno.

Ma se le imprese chiudono o vanno all’estero i dipendenti restano senza lavoro. Esattamente ciò che sta succedendo nella nazione dove il settore pubblico improduttivo supera il 51% del Pil (in Spagna siamo al 38%). Difendere le imprese significa salvare i loro dipendenti e ridurre il potere del dirigismo statale che si finanzia prelevando denaro dal mercato. Questo lo sanno ormai gli stessi lavoratori, ma non i Giordano del Politburino nostrano, che ormai sparano boiate televisive non più per difendere i poveri o se stessi, ma solo perché hanno una cultura uguale a “meno di zero”. Il bello è che Alemanno, ogni volta che c’era da fare populismo nella tribuna di RaiTre, dava ragione a Giordano e a quell’altro buontempone da conversazione con grappino e carte da scopa, il sindacalista Angeletti. Quest’ultimo sciorinava soluzioni alla Catalano che -nel nulla generale- figuravano come la teoria della Relatività. Lo stesso faceva Della Valle, grande oligarca del villaggio. Eppure il capitalismo è nato nei Comuni italiani del Medio Evo. Fino al ‘500 eravamo i più ricchi al mondo e prestavamo denaro alle corti di tutto il mondo. Purtroppo, per risolvere le nostre beghe e divisioni, abbiamo chiamato i francesi di Francesco I, e poi Carlo V. Da allora ne abbiamo fatta tanta di strada, all’indietro. (l'Opinione)

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