lunedì 31 dicembre 2007

Good bye Sessantotto. Lucia Annunziata

«Good vibrations» dei Beach Boy ha fatto quarant’anni, peccato che quel che rimane di quelle fantastiche vibrazioni somigli sempre più al Parkinson. Del resto la leggendaria Marianne Faithfull, cantante e musa del rock, fa la nonna nel film Irina Palm, appena uscito. Nonna palmo-erotica, ma sempre nonna. Bill Clinton, il presidente che ha portato alla Casa Bianca la baby boom generation, ha quattro by-pass; e l'altro presidente che ha portato alla Casa Bianca la stessa generazione da destra, George Bush, sta per andare in pensione, dove è già andato Tony Blair. Benazir Buttho, prima donna degli Anni 60 salita al potere nel mondo musulmano, è stata uccisa, e Bob Dylan si trasforma nell'icona di se stesso, nel film fatto con Martin Scorsese, «No direction home: Bob Dylan», una terribile operazione commerciale con tutti i resti dei suoi ricordi e canzoni.

E se questi Dei del firmamento globale sixties non appaiono più così dorati, anche le star italiane di quei tempi accusano qualche mal di testa. Paolo Mieli, direttore due volte del Corriere, il più importante giornalista uscito dalle fila degli Anni Sessanta, è oggi un astro dell'establishment italiano, Ferrara fa la dieta contro l'aborto, D'Alema vive elegantemente fuori dal Paese, Capanna si occupa di Omg, Sofri è un gentile signore che dispensa saggezza, e tutti noi ci guardiamo allo specchio venti chili e quarant’anni più tardi. Più grassi, più comodi e più che mai convinti di noi stessi - in completo diniego del nostro transito su questo palcoscenico. Abbie Hoffman qualche anno fa pronunciò una epigrafe per questo mondo: «We were young, we were foolish, we were arrogant, but we were right». Boh! Non è certo nemmeno che avevamo ragione. La ragione si vedrà da quanto questa generazione globale, la prima ad esserlo, nata negli stessi anni e cresciuta con gli stessi omogeneizzati e la stessa musica, capirà ora la sua mortalità. Non quella fisica - perché i citati, e non, di quegli anni a noi piacciono ancora tutti - ma quella spirituale. Trasformare il quarantesimo genetliaco che il 2008 propone, dalla galleria di celebrazioni in un onorevole funerale, sarà forse la più dura prova da affrontare per questo gruppo. Good By sixties - la pace sia con voi.

Naturalmente, questo è un consiglio, non un tradimento. Se mai la generazione Anni 60 ha davvero quella superiore capacità creativa e analitica che vanta, dovrebbe oggi essere la prima a capire che un vasto movimento le preme contro. Il cambiamento è infatti il tema sociale più pressante dello sviluppo dei nostri Paesi occidentali, e in questo passaggio, i baby boomer fanno la parte del tappo, dell'élite, della conservazione insomma.

Sono poi, come sempre, le vicende politiche che per prime afferrano gli umori dei tempi. A questa onda devono le loro fortune Zapatero e Sarkozy (ognuno a modo suo); in Inghilterra sono oggi i Tory ad afferrare la bandiera del nuovo contro l'invecchiato Labour, interpretato dal catatonico Brown; in Germania è una donna il cambiamento - e anche se viene da vecchia scuola politica, nuovo è il mix che propone fra governo e gender, interpretando bene la fine della cultura della Guerra fredda. Ma è in due Paesi, lontanissimi tra loro eppure uniti dai profondi segni lasciati dai sixties, che questo clima fra il vecchio e nuovo è più visibile e più insoluto: gli Stati Uniti e l'Italia. Le primarie democratiche in Usa, e il tentativo di fondare il Pd hanno infatti in comune l'esaurimento dell'establishment politico nato da quegli anni. Hillary Rhodam Clinton e Barak Obama sono il caso lampante di quella che, nata come una sfida tra due valori Anni Sessanta, una donna e un nero, si è presto disvelata come guerra intestina per il rinnovamento del Partito democratico.

Barak Obama, ci raccontano ormai quotidianamente le cronache dagli Stati Uniti, ha mobilitato un attivismo giovanile, femminile, bianco e nero, come non se ne vedeva da anni, diverso da quello che muove il Partito democratico a ogni elezione. La passione per Obama è suscitata dalla sua età, dalla sua linea post-ideologica, dal non voler più contare su differenze come bianchi e neri, dal suo essere un outsider senza molti soldi, e dal non essere mai incorso nell'errore politicista di cambiare opinione sulla guerra irachena. A semplificare questo scontro, la frattura passa anche tra i neri: da una parte la potente nera star tv Ophra, totalmente trasversale nel suo appeal, dall'altra per Hillary, i neri degli Anni 60, Angela Davis e Andrew Young, pezzo da novanta dell'establishment del Partito democratico. Del resto cosa ha significato la proposta della signora Clinton, dopo il marito, alla presidenza? Avrebbe dovuto indicare la parità delle donne, in realtà ha solo svelato come i Democratici si siano appiattiti sui Repubblicani. La politica è per I Clinton una professione e un business, fondato su una macchina di potere e soldi, che oggi con Hillary propone di fatto la trasformazione della presidenza del Paese più democratico del mondo, in un modello ereditario e familista, come del resto già hanno fatto i Bush. Quella dei Clinton è la metamorfosi da innovatori (rieccoci ai 60s) a élite. Ma non è questa metamorfosi la ragione anche dello scontento che muove le ondate di antipolitica in Italia? E che non a caso è indirizzata più a destra che a sinistra: compromessi, inefficaci, privilegiati, è l'accusa a una generazione che invece di portare il cambiamento è diventata un'altra élite. Cosa siano oggi, del resto, i politici, i giornalisti, i professionisti venuti dagli Anni 60 (chi scrive inclusa) è nelle cose: dopo aver anni fa portato il mutamento generazionale dentro il sistema, oggi lo dominano e il suo non volerlo cedere è nella evidente resistenza a ogni cambio generazionale che non sia attentamente scelto, selezionato, e cooptato per somigliarle. Che è poi il dilemma in cui si dibatte oggi anche la vicenda politica del Pd e del suo segretario, Walter Veltroni, uomo degli Anni Sessanta lui stesso, mosso da una forte comprensione di questo rinnovamento: il Pd nasce così attraverso la diretta decapitazione delle vecchie élites Dc e Pci; ma il nuovo proposto appare per ora solo un debole esperimento genetico, invece che una autentica trasfusione di sangue fresco. (la Stampa)

1 commento:

Anonimo ha detto...

nonostante Hillary sia una sessantottina, come definisci tu stessa, e nonostante sia la moglie di un ex presidente, io vedo la sua candidatura come una grossa novità e innovazione