giovedì 11 ottobre 2007

Ecco l'auto da 2.500 dollari. Paolo Artemi

In vendita dal prossimo agosto. Pronte 250 mila vetture per il mercato asiatico.
«Cambierò l'India»

La vettura che costa meno di 2.500 dollari è pronta. In gennaio salirà sotto i riflettori dell’Auto Show di Nuova Delhi e darà una robusta spallata all’ingessato mondo delle quattro ruote. La provocazione auto low cost era partita da Renault, che con il modello Dacia Logan ha creato un trend; la versione giardinetta è finita nei garage dei francesi che contano, compresi i figli di Chirac. Trasporta anche 7 persone, è lunga quasi come una Opel Astra Station Wagon e costa la metà. Ma la rivoluzione che sta innescando la nuova Tata — chiamata 1 Lahk Car, che sarebbe come dire «l’auto da 100mila rupie», l’equivalente di 1.600-1.700 euro — è epocale. Un fenomeno nuovo che tutti i costruttori stanno esaminando con preoccupazione. Fino a quando la macchina da 2.500 dollari era solo un sogno di Ratan Tata, il manager indiano che ha studiato design a Londra, l’erede dell’impero che dà lavoro a 260mila dipendenti in 7 settori strategici (dalla chimica all’acciaio, dai beni di consumo alla finanza) con 98 aziende in tutti i continenti, la vettura economicissima non rappresentava nessuna sfida. Adesso che è fatta — sarà in vendita da agosto 2008, 250mila unità nel primo anno — le più importanti case stanno accelerando la realizzazione dei loro modelli più cheap.

Pronta a lanciare auto economicissime è la Toyota: «Pensiamo di proporre al mercato indiano una versione concorrenziale della nostra city car», dice Fujio Cho, numero uno della casa giapponese. Carlos Ghosn (Nissan-Renault) ha annunciato un nuovo allestimento semplificato della Logan per l’India, a circa 8.000 euro. Ford e General Motors stanno studiando la situazione, mentre il gruppo Volkswagen ha programmato di produrre e vendere in India la sua Skoda Fabia. Ratan Tata, però, ha tagliato il traguardo per primo; ha sviluppato la 1 Lahk Car utilizzando engineering indiano a costo estremamente contenuto, senza rinunciare a partner di rilievo tecnologico: la tedesca Bosch, l’americana Delphi per la gestione elettronica del motore, la tecnologia giapponese per la trasmissione automatica Cvt; e a Justin Norek, responsabile della torinese Idea (Institute of Development in Automotive Engeneering), ha chiesto aiuto per la carrozzeria.

La nuova low cost di Tata ha l’obiettivo di trasferire il popolo indiano dalle due alle quattro ruote; una missione molto sentita da Ratan Tata, che per questa vettura non pensa ai profitti ma desidererebbe una detassazione sulla spesa d’acquisto: «Sono molto orgoglioso di essere indiano e mi preoccupo di migliorare la qualità della vita dei miei connazionali. Qui è facile vedere 4-5 persone su un motociclo, in equilibrio precario, durante i monsoni o con il brutto tempo. Vorrei portarli tutti a non rischiare più così tanto». Avrà un futuro di esportazione la Tata low cost? In Europa è difficile prevederne la diffusione; ma salendo a 125mila rupie (3.000 dollari) i clienti indiani, malesi, indonesiani e di alcuni Stati africani (i primi mercati dove verrà venduta) potranno ottenere aria condizionata, vetri elettrici e servosterzo. Adesso a tremare è la Suzuki Maruti, che controlla con il suo modello 800 il 50% del mercato. Ma a lasciar immaginare che cosa si sta scatenando nel mondo degli affari è un dato elaborato dalla At Kearney, che stima in 300 milioni gli automobilisti indiani interessati ad acquistare una macchina che costi meno di 3.000 dollari da qui al 2020. (Corriere della Sera)

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