mercoledì 3 ottobre 2007

Lo sgabuzzino del mondo. il Foglio

Per i monaci birmani per ora solo parole e tra un po’ nemmeno più quelle.

La Birmania sta per tornare a essere lo sgabuzzino del mondo, chiuso, dimenticato, lasciato in balia di generali torturatori che sparano contro i sandali e le ciotole dei monaci buddisti, uno sgabuzzino relegato nei notiziari a ridosso delle rubriche sullo slow food, per poi via via scomparire.
Ecco l’ennesima umiliazione di una diplomazia dell’Onu capace solo di fare tre giorni di anticamera per incontrare un ufficiale corrotto e feroce fiero della sua certa impunità, baldanzoso al punto da sfottere l’inviato delle Nazioni Unite portandolo in giro per il paese a sentire discorsi di propaganda in luoghi sperduti. Può la comunità internazionale permettersi una simile prova di debolezza? A scappare, quasi come un ladro, non è stato (finora) il dittatore, ma il mediatore. Possibile? Non sappiamo ancora quanti morti ci sono stati davvero. Non sappiamo quante persone sono state arrestate. Sappiamo soltanto che ci stiamo per dimenticare di loro, i monaci, e poi i laici che alla rivoluzione buddista al grido di “democrazia” si sono uniti, e poi le minoranze oppresse, ci stiamo per dimenticare di loro, mentre l’Europa, certo, manifesta preoccupazione, quella sempre, mentre l’Alto commissario dell’Onu per i diritti umani, Louise Arbour, promette: “Le autorità del Myanmar (Birmania, caro alto commissario, Birmania) non credano che l’isolamento possa metterle al riparo dalle proprie responsabilità”. Parole. Anche dal Consiglio di sicurezza e da quello dei Diritti umani parole di (peraltro nemmeno forte) condanna. Solo l’America di Bush ha imposto sanzioni alla Giunta. E gli altri? Tutti a sentire il rappresentante dei generali che all’Assemblea generale dell’Onu parla di cambiamento climatico. Insomma, ci prende in giro. E noi? Anche l’Italia ha rapporti economici con la Birmania e gli appelli contro questi commerci cadono nel vuoto, come ha denunciato Cecilia Brighi, esperta di Birmania: “Noi abbiamo chiesto conto anche al ministero degli Esteri perché, a nostro avviso, il comportamento del governo italiano in merito ai commerci con la Birmania va contro la legge 185/90 sulla vendita di armi e contro le norme europee sui diritti umani”. In Europa si discute, si condanna, ma nulla si fa. Si dice che lo stallo nasce dal fatto che c’è di mezzo la Cina. Pechino tiene più alle Olimpiadi che a una Giunta avida di denaro e di sangue. Volendo, c’è modo di convincere anche la Cina a far qualcosa.

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