mercoledì 31 ottobre 2007

Ogm, una "tesi controcorrente". Raffaele Cazzola Hofmann

A cura dell’Istituto Bruno Leoni arriva in Italia il volume “Il cibo di Frankenstein” degli studiosi americani Gregory Conko e Henry I. Miller. La tesi sostenuta è che il “mito” del cibo biologico è fasullo e che opporsi al cibo Ogm significa da una parte danneggiare l’alimentazione dei Paesi in via di sviluppo, dall’altra foraggiare il protezionismo agricolo europeo.

Va controcorrente il volume “Il cibo di Frankenstein” (Lindau, 26 euro) appena pubblicato in Italia a cura dell’Istituto Bruno Leoni. Scritto da Gregory Conko, direttore per la sicurezza alimentare del Competitive Enterprise Institute, e da Henry I. Miller, ricercatore della californiana Hoover Institution, il libro cerca di confutare quelli che gli autori considerano i troppi luoghi comuni sugli organismi geneticamente modificati (Ogm). Conko e Miller sostengono che contrastare lo sviluppo degli Ogm è un’operazione insensata sia sul piano squisitamente alimentare, sia su quello economico.

A livello alimentare, secondo gli autori del libro, sono ormai molti e qualitativamente importanti gli studi che dimostrano come quello del cibo biologico sia più che altro un “mito” da sfatare. Il punto di partenza della tesi di Conko e Miller - secondo Norman E. Borlaug, professore presso l’International Agriculture Texas University e autore della prefazione del volume - è che appare impossibile nutrire più di 6 miliardi di persone (una parte consistente dei quali vive nei Paesi in via di sviluppo) con la sola agricoltura biologica.

Ma l’approccio ideologico e spesso antiamericano fa sì che anche in Paesi che hanno una necessità disperata di cibo per sfamare popolazioni povere e sottoalimentate - dall’Angola allo Zimbabwe - rifiutino gli aiuti degli Stati Uniti con la motivazione che essi contengono grano gene-spliced. Il presidente dello Zambia, Levy Mwanawasa, ha detto che “è meglio morire di fame piuttosto che ingerire qualcosa di tossico”. Ma di tossico, negli Ogm, c’è ben poco secondo Conko e Miller. Che anzi rilanciano: “Più di 2.250 varietà di cereali, frumento, riso, zucchine e fagioli sottoposte a mutazione sono state introdotte nella seconda metà del secolo scorso”. Ormai, aggiungo gli autori, “queste colture crescono in oltre cinquanta Paesi del mondo”.

Sul piano economico l’opinione del volume pubblicato in Italia a cura dell’Istituto Bruno Leoni è che essere contro gli Ogm non per ragioni scientifiche ma per motivi ideologici provoca danni incalcolabili sia ai Paesi in via di sviluppo (le colture gene-spliced sono resistenti ai parassiti e quindi non richiedono “cure” a base di pesticidi costose e poco accessibili), sia a quelli ricchi che perdono una grande occasione per eliminare le sovvenzioni statali ai coltivatori di prodotti biologici.

Sarebbe soprattutto il Vecchio continente, per così dire, a darsi la zappa sui piedi: “C’è stato un annullamento dei test sperimentali sugli organismi gene-spliced in Europa. Da un picco piuttosto modesto di 264 esperimenti nel 1997 - scrivono Conko e Miller - si è scesi a soli 35 nel 2002 e a 2 nel primo trimestre del 2003”.

In Italia la politica è tendenzialmente contraria agli Ogm. Eppure sono molti gli scienziati di fama che sostengono il contrario. Si parla di nomi celebri come quelli di Garattini, Bonicelli, Dulbecco e Levi-Montalcini che sette anni fa sottoscrissero un manifesto-denuncia contro il divieto di ricerca sugli Ogm. Oggi la questione è stata rilanciata da un gruppo di ricercatori e addetti del settore italiani.

Sono loro i promotori del progetto salmone.org secondo cui “a sostenere la validità e la sicurezza delle ricerche sugli Ogm si sono schierate in questi anni la Ue, la Fao, l’Onu, l’Organizzazione mondiale della sanità e l’Agenzia europea per la sicurezza alimentare”. (Confronto)

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