lunedì 26 novembre 2007

La moschea di Bologna e quella legge del 1948. Magdi Allam

All'inizio degli anni Sessanta un quotidiano nazionale pubblicò, per non incorrere nell'ingiunzione di un magistrato, la rettifica di un detenuto realmente rinchiuso nel carcere di San Vittore, in cui negava di essere mai stato arrestato e denunciava che, a suo avviso, l'aver scritto che si trovasse incarcerato rappresentava un fatto lesivo della sua onorabilità. A calce della rettifica palesemente infondata che negava l'evidenza del fatto, il quotidiano specificò: «Prendiamo atto che la lettera proviene dal carcere di San Vittore». Questo può accadere in Italia perché la legge n. 47 dell'8-2-1948 prescrive che «il direttore è tenuto a fare inserire gratuitamente nel quotidiano le dichiarazioni o le rettifiche dei soggetti ai quali siano stati attribuiti atti o pensieri o affermazioni da essi ritenuti lesivi della loro dignità o contrari a verità». Cioè è sufficiente che siano «ritenuti lesivi» anche se sulla base del più assoluto arbitrio, non che lo siano effettivamente sulla base di prove inconfutabili, per obbligare il giornale a pubblicare la rettifica entro due giorni. Trascorso questo termine «l'autore della richiesta di rettifica (...) può chiedere al pretore, ai sensi dell'articolo 700 del codice di procedura civile, che sia ordinata la pubblicazione». Ed è così che la nostra stampa finisce per diventare il ricettacolo di scritti che dicono tutto e il contrario di tutto, che mettono sullo stesso piano e attribuiscono pari valore al vero e al falso.

Ebbene corrisponde allo stesso atteggiamento arbitrario e menzognero, fondato sulla mistificazione e negazione della realtà, la lunga lettera dell'Ucoii, a firma del suo presidente Mohamed Nour Dachan, pubblicata dal Corriere il 9 novembre scorso. In essa si negano con la massima spregiudicatezza quattro fatti manifesti e documentati: 1) che l'Ucoii sia la controparte del Comune di Bologna nell'assegnazione di una mega-moschea; 2) il legame ideologico, religioso e giuridico dell'Ucoii con i Fratelli Musulmani e con l'apologeta del terrorismo islamico Youssef Qaradawi; 3) la predicazione d'odio, di violenza e di morte dell'Ucoii contro Israele e legittimante il terrorismo palestinese di Hamas; 4) la sospensione della Consulta per l'islam d'Italia proprio a causa delle posizioni inaccettabili dell'Ucoii su Israele e sull'intesa con lo Stato. Da parte dell'Ucoii tutto ciò avviene all'insegna della taqiya, la dissimulazione, eretta a precetto di fede per imporre il proprio potere teocratico e assolutista, così come ammesso nella versione italiana del Corano a cura dell'Ucoii a commento dei versetti 105-106 della sura XVI. Basti considerare, per quanto concerne la dissimulazione e negazione della realtà sul progetto della mega-moschea di Bologna, come ha rilevato anche Marco Guidi sul Resto del Carlino del 12 novembre, che: 1) il terreno di via Felsina, oggetto di permuta con il terreno della futura mega-moschea, appartiene all'Ente gestione beni islamici, ovvero Al Waqf Al Islami, organizzazione dell'Ucoii (http://www.islam-ucoii.it/ vedi alla sezione «Chi siamo»); 2) il Centro di cultura islamica di Bologna diretto da Radwan Altoungi, futuro gestore della moschea, è associato all'Ucoii, come dichiarato sia nello Statuto di questa associazione, sia nel sito http://www.corano.it/menu_sx.html; 3) in un documento ufficiale del Comune di Bologna del 18 ottobre 2007 (http://www.comune.bologna.it/partecipazione/culto-islamico.php) si afferma che «l'organizzazione nazionale alla quale è affiliato il Centro (di cultura islamica di Bologna, ndr) è l'Ucoii».

Lancio dunque un accorato appello al capo dello Stato, Giorgio Napolitano, quale massimo garante della Costituzione, al governo e al Parlamento tutori dell'interesse nazionale, affinchè intervengano subito e con determinazione per abrogare quest'incivile e insana norma penale che da facoltà a un pretore di imporre a un giornale di pubblicare delle menzogne, senza alcuna verifica giudiziaria della loro fondatezza e veridicità. Proprio questo relativismo cognitivo ed etico è il male diffuso che alimenta in seno alla nostra società la perdita della certezza nella verità che si radica nei fatti e il venir sempre meno della fiducia nelle istituzioni rappresentative dello stato di diritto e della democrazia. (Corriere della Sera)

2 commenti:

Bolognasicura ha detto...

Nessuno sembra tenerci conto, ma le preoccupazioni di Allam, si toccano con mano, l'indifferenza che ha il Comune di Bologna verso i suoi cittadini è a dir poco imbarazzante, e nello stesso pempo ci fà incazzare un casino.

Anonimo ha detto...

DOVE TI METTO LA MOSCHEA: TRA CONDIVIDERE E PARTECIPARE C’E’ DI MEZZO IL MARE

Per dimensionare la nuova Moschea di Bologna, il Comune agisce in un modo bizzarro:

Interlocutore: Il Comune dialoga con l’UCOII, privilegiando le richieste di questa comunità a discapito di altre. Finge di ignorare che, a detta di autorevoli rappresentanti del mondo musulmano, questa associazione non ha posizioni moderate per quanto riguarda diversi temi come la poligamia e i diritti delle donne e partecipa con molta fatica ai lavori della Consulta Islamica di Roma.
Non è certo la creazione di un Comitato di Garanzia a rassicurare i cittadini, anzi, rafforza l’idea che alcune attività del Centro islamico richiedono di essere attentamente vigilate.

Dimensionamento: un luogo di culto dovrebbe ragionevolmente essere dimensionato e rispondere al fabbisogno di una comunità, dove è la comunità stessa a quantificare e formulare la richiesta. Nel caso della Moschea, invece, assistiamo ad un fenomeno anomalo: è il Comune che si attiva e si sforza di fare una sorta di “ conta” dei musulmani residenti a Bologna, prescindendo dal fatto che siano o meno praticanti e, cosa più grave, se essi aderiscano effettivamente alla associazione dell’UCOII. Per fare questa specie di censimento, poi, rimanda il cittadino alla consultazione di internet per trovare l’effettivo collegamento nazionalità-religione!

Posizione: un luogo di culto dovrebbe essere posto dove vive o lavora chi ne fruisce. Difficile immaginare come questi fedeli si possano spostare, negli orari delle funzioni, dalle varie zone della città e confluire in un unico grande spazio di Bologna. Così facendo, per raggiungere la Moschea si obbliga all’uso dell’auto, creando problemi di viabilità in una zona già molto trafficata e si rende necessaria la realizzazione di parcheggi.
Inoltre è prevedibile che, proprio in virtù del nuovo Centro Islamico, si crei una extraterritorialità a discapito della integrazione, un polo di attrazione per i nuovi insediamenti di extracomunitari verso il Pilastro.

Partecipazione e condivisione dei cittadini: il consenso, se non c’è, non si fabbrica né si ottiene con finti “percorsi partecipativi” dove invito ed entra chi è d’accordo: occorre invece molta prudenza e responsabilità da parte della Amministrazione, perchè questo nuovo insediamento è sentito dai cittadini come una decisione “calata dall’alto”, imposta e non certo condivisa.
Gli strumenti di partecipazione non sono le riunioni a porte chiuse nelle salette di quartiere o nei condomini (i cui resoconti leggiamo nei blog di Beppe Grillo), ma si chiamano referendum, consultazione e petizione.
Partecipazione non è sinonimo di condivisione: tra condividere e partecipare c’è di mezzo il mare.