sabato 17 novembre 2007

Rita Levi Montalcini e Franca Rame: al Senato due casi emblematici e avvilenti per la politica di casa nostra. Gaetano Saglimbeni

Quando le senatrici, per salvare il governo, si turano il naso e votano, senza vergogna, contro i propri ideali,la propria coscienza e la dignità di esseri pensanti.

L’hanno fatto per disciplina di coalizione: questo hanno dichiarato ufficialmente ed i giornali hanno scritto. La senatrice a vita Rita Levi Montalcini ha detto "no" all'emendamento presentato da Forza Italia per l'aumento dei fondi destinati alla ricerca (che lei stessa aveva sollecitato non molti mesi ed il Senato ha adesso approvato grazie alla opposizione con un solo voto di scarto), interessata soltanto alla approvazione dei finanziamenti assegnati dal governo Prodi all'istituto scientifico di cui lei è presidente. E l'attrice Franca Rame ha votato addirittura contro se stessa, per disciplina di coalizione, dicendo "no" (pensate un po', amici lettori) all'emendamento presentato da lei con Turigliatto e Rossi dell'estrema sinistra per tutelare gli operai esposti al pericolo dell'amianto. "I lavoratori sono stati, sono e saranno sempre nel mio cuore, ma io devo difendere il mio governo e voterò sempre per l'Ulivo, anche quando sono in gioco, come in questo caso, gli interessi degli operai", ha spiegato con sorprendente ingenuità da neofita della politica la sposa del premio Nobel super-russo Dario Fo.

Domanda dell'uomo della strada, della foltissima schiera dei cittadini che credono ancora in certi valori e si ribellano, indignatissimi, alle ipocrisie, ai falsi candori che servono soltanto a nascondere sconcertanti sudditanze nei confronti del potere, alle sfrontatezze e alle meschinità della politica: "Non sarebbe più dignitoso per queste illustri militanti della sinistra "illuminata", quando si rendono conto di essere soltanto delle marionette al servizio del dittatorello di turno, che si dimettessero per lasciare le poltrone ad esseri pensanti in grado di ragionare con le proprie teste? Il Parlamento ha bisogno di gente che sappia ed abbia voglia di difendere gli interessi dei cittadini: dei giovani ricercatori universitari, che ai loro magri stipendi di 800 euro al mese vorrebbero aggiungerne altre 300 per arrivare almeno al salario del metalmeccanico, e dei lavoratori, tanto cari (a parole) ai comunisti ed all'estrema sinistri, che il governo di un Paese civile ha il dovere di tutelare da imprenditori spregiudicati che non fanno nulla per proteggerli dal pericolo (sempre incombente, purtroppo) dell'amianto in fabbrica.

Non se la sentono, le due illustri senatrici Rita Levi Montalcini e Franca Rame in Fo, di opporre un "no" secco e responsabile alle pretese (spesso assurde, al limite del grottesco) del grande capo Prodi e dei suoi amici? A disposizione dei parlamentari c'è sempre un foglio di carta ed una penna per scrivere poche righe con le dimissioni, quando c'è da difendere, con gli ideali per i quali si è sempre vissuti, la propria coscienza, la propria dignità. Le giustificazioni di comodo, di esemplare idiozia e stupefacente marionettismo e macchiettismo politico, sono soltanto espressione di un inquietante servilismo che mal si concilia con la dignità degli uomini liberi, tanto meno con il laticlavio.

1 commento:

salvatoreferraro ha detto...

L’8 ottobre 1931 Mussolini impose ai professori universitari il giuramento di fedeltà al regime fascista. Dodici ordinari su 1.250 rifiutarono di piegarsi al Duce, perdendo nello stesso tempo la cattedra e la libertà.
Ernesto Bonaiuti, Mario Carrara, Gaetano De Santis, Giorgio Errera, Giorgio Levi Della Vida, Fabio Luzzatto, Piero Martinetti, Bartolo Nigrisoli, Francesco Ruffini, Edoardo Ruffini, Lionello Venturi, Vito Volterra. Questi i nomi di coloro che osarono compiere un gesto essenziale in nome di quegli “ideali di libertà, dignità e coerenza interiore”.
Da questi dodici eroi dovrebbero trarre ispirazione registi, politici, scienziati.
Ora, nel caso della Rame, che si trova (lo stesso vale per il di lei marito ex repubblichino) a distanze siderali dalla levatura scientifica, culturale e morale della Levi Montalcini, non si può pretendere un atto di dignità e di libertà, visto che nella sua vita (idem per il marito), di questi atti non ne ha mai dato testimonianza.
Ma per la nostra scienziata, la rinuncia a salire in cattedra per darci una lezione di vita, dopo tutte quelle impartite nel campo della biologia, sarebbe stato grandioso.
Purtroppo, l’ineluttabile indurimento delle arterie ed il conseguente debito di ossigeno a livello cerebrale, ha ridotto la Nostra arzilla cattedratica in una vecchia bambolina nelle mani untuose di Prodi.
Consiglio a tutti, compreso la senatrice Levi Montalcini, il libro stupendo di Giorgio Boatti Preferirei di no. Le Storie dei dodici professori che si opposero a Mussolini. Einaudi.

Salferraro